I magistrati: testo incostituzionale La fabbrica provoca ancora morti

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TARANTO — La partita con l’Ilva non è finita, «abbiamo ancora qualche cartuccia da sparare», sorride amaro il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, che proprio non ci sta a passare per «il talebano», «il pazzo nemico di 20 mila operai», «se solo avessi cinque minuti per un caffè con il presidente Napolitano e con Mario Monti racconterei loro dei bambini che qui nascono già  malati di tumore…», si sfoga il vecchio magistrato. Così, l’uomo che ieri per la delusione — dopo il decreto legge del governo che sospende di fatto i sequestri della magistratura — aveva pensato quasi di dimettersi, ora è già  pronto a indossare di nuovo la toga in vista dell’udienza del prossimo 6 dicembre davanti al Tribunale del Riesame, per discutere dell’istanza di dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati presentata dall’Ilva. Sarà  in quella sede molto probabilmente che la Procura solleverà  eccezioni di incostituzionalità  del decreto legge di Palazzo Chigi, chiedendo l’intervento della Corte Costituzionale. Il diritto all’eguaglianza, ad esempio: la legge è uguale per tutti, no? Ma se la legge è nata per l’Ilva, dove finiscono i principi di astrattezza e generalità ?
Non solo. La Procura recepirà , nel suo ricorso, tutto quello che ha scritto proprio ieri — come fosse l’ultima sfida ai poteri forti — il gip di Taranto, Patrizia Todisco, rigettando l’ennesima istanza dell’Ilva di dissequestrare gli impianti dell’area a caldo: «È un fatto incontrovertibile — scrive il gip a pagina 7 del suo decreto — che l’attività  produttiva dell’Ilva sia tuttora, allo stato attuale degli impianti e delle aree in sequestro, altamente pericolosa per la salute dei lavoratori e dei cittadini dei vicini centri abitati. Ed è del pari evidente che dell’attualità  del pericolo e della attualità  delle gravi conseguenze dannose per la salute e l’ambiente, ascrivibile alle emissioni tossiche derivanti dall’attività  dell’area a caldo del siderurgico tarantino, la nuova Aia non si preoccupa affatto, posto che l’esercizio dell’attività  produttiva non è stato subordinato alla preventiva, immediata e completa attuazione delle misure necessarie a far sì che per produrre acciaio non si provochi malattia e morte, come avviene tuttora».
Il giudizio di Patrizia Todisco sulla nuova Autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva dal governo è durissimo: «I tempi di realizzazione delle misure prescritte dalla nuova Aia risultano incompatibili con le improcrastinabili esigenze di tutela della salute della popolazione locale e dei lavoratori, tutela che non può essere sospesa senza incorrere in una inammissibile violazione dei principi costituzionali di cui all’articolo 32 (diritto alla salute) e 41 (la libera iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà  e alla dignità  umana)…».
Eccoli, dunque, i profili d’incostituzionalità  del decreto legge che spingeranno la Procura a porre la spinosa questione davanti al Riesame. E c’è la concreta possibilità  che in quella stessa sede, giovedì prossimo, si sollevi anche il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Giusto ieri un altro magistrato influente di Taranto, Maurizio Carbone, segretario nazionale dell’Anm, non ha lesinato critiche al provvedimento d’urgenza di Palazzo Chigi: «È un’invasione di campo, dov’è finito il principio della separazione dei poteri? Il decreto legge vanifica di colpo tutti gli effetti dei provvedimenti presi dai magistrati per la tutela della salute dei cittadini. Il governo, così facendo, si è preso una grossa responsabilità ».
La Procura di Taranto, però, ha in serbo ben altre cartucce da sparare: prima di gennaio 2013, quando scadranno i termini, il procuratore Sebastio vorrebbe chiedere il giudizio immediato per Emilio Riva e gli altri imputati. «Andiamo avanti, le pressioni sono enormi — conclude sfinito il capo del pool —. Perfino il Papa, all’ultimo concistoro, ha chiesto al nostro arcivescovo, don Filippo Santoro, notizie dell’Ilva. Speriamo che prevalga la ragione, ha detto Benedetto XVI. E io sono d’accordo. Ma viene prima la salute dei cittadini, non vi pare?».


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