La paura della sconfitta induce Renzi al tutto per tutto

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Il tentativo è di insinuare l’idea che al primo turno siano stati sottratti «per errore» voti al sindaco di Firenze; e che al ballottaggio venga impedito ai suoi seguaci di capovolgere le previsioni, non permettendo loro di andare alle urne. La reazione è dura, e non solo da parte di Bersani.
La denuncia di violazione del regolamento, presentata dai quattro candidati alle primarie contro Renzi per la pagina a pagamento apparsa ieri su alcuni quotidiani, accentua la tensione. E sottolinea l’irritazione di gran parte del Pd e del Sel di Nichi Vendola nei confronti di un concorrente guardato come un guastatore deciso a giocare spregiudicatamente fino a domenica. «La paura fa novanta», ironizza lui dopo la denuncia, negandone il fondamento. E continua irridendo le delibere che il comitato organizzatore delle primarie sfornerebbe, dice, «ogni due ore» su chi può votare e chi no. In effetti si tratta di un tema scivoloso, vista la macchinosità  delle procedure. E i seguaci di Renzi lo cavalcano con aggressività .
Ma questo rischia di scavare un fossato nel centrosinistra; e di accentuare distanze destinate a pesare a lungo sui rapporti all’interno del Pd. Bersani bolla il comportamento dell’avversario come «una cosa non gradevole». Eppure si intuisce che vorrebbe dire molto di più. D’altronde, rivendica regole «condivise e decise insieme da tutti». E replica che «non si può dire ai tre milioni e centomila che hanno votato al primo turno “vi abbiamo preso in giro”. Non si pensi che ci sia la volontà  di limitare la partecipazione, ma le regole si rispettano». C’è il sospetto che pattuglie di elettori del centrodestra abbiano già  votato per Renzi: sebbene l’ipotesi di una «scalata ostile» del Pd suoni improbabile.
Soprattutto, si fa strada la convinzione che di qui a domenica si registrerà  un crescendo polemico centrato sulle regole; e che il giovane sindaco trasformerà  questo tema nel suo cavallo di battaglia, accarezzando i malumori presenti anche a sinistra contro il partito-apparato. Invita chi non ha votato a presentarsi ai seggi dicendo che domenica scorsa non l’ha potuto fare per colpa delle lunghe code. E il Pd lo accusa di istigare a dire il falso. Vendola, schierato ora con Bersani assieme ai sindaci del Sel, ha confidato ai vertici del Pd di temere proteste assai poco spontanee. E non esclude che domenica i «renziani» possano organizzare contestazioni, con militanti pronti a imputare ai vertici del partito il boicottaggio del loro voto a favore del «primo cittadino» di Firenze. È uno scenario estremo e forse poco verosimile.
Il solo fatto che sia evocato, però, lascia capire a quali livelli stia arrivando lo scontro. Il vantaggio del Pd è che il centrodestra risulta così in frantumi da invidiare la vitalità  della quale le primarie sono state comunque una dimostrazione. Il teatrino sul ritorno incombente di Silvio Berlusconi sta mandando in tilt un Pdl già  in preda a istinti cannibaleschi; ed ha affossato il simulacro di partecipazione che il segretario Angelino Alfano aveva azzardato. «Mentre Bersani e Renzi si confrontavano su scuola, lavoro e giovani», ha commentato Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, «noi del Pdl sembravamo marziani, ancora lì a discutere se fare o no le primarie». E il bello, o il brutto, deve ancora venire.


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