Egitto, tra gli operai anti-raìs “Non lasceremo la rivoluzione nelle mani degli islamisti”
EL MAHALLA (Delta del Nilo) — Il giorno dopo la battaglia di piazza Shon, lo slargo principale di questo distretto industriale del Delta è stato spazzato dai detriti e dalle pietre. A testimonianza degli scontri che hanno lasciato in terra oltre 100 feriti, restano i segni dell’incendio che macchiano il palazzo sull’angolo e l’insegna con le spade incrociate della Fratellanza musulmana che pencola pericolosamente dal secondo piano. La sede è stata assaltata e bruciata l’altra notte da migliaia di persone scese in strada per protestare contro i nuovi poteri che si è dato il presidente Mohammed Morsi, e le imposizioni del suo braccio politico, il Partito della giustizia e libertà .
Mahalla non è una città come un’altra in Egitto; vive dell’“oro bianco”: milioni di ettari coltivati a cotone che forniscono la materia prima alle grandi fabbriche di Stato, a quelle più piccole dei privati e danno lavoro a oltre 100 mila persone che sono l’anima del movimento operaio in Egitto. Qui è scattata la prima scintilla della rivoluzione che portò in piazza decine di migliaia di egiziani contro le elezioni truffa di Hosni Mubarak nel 2008. «Quel giorno è nato il Movimento 6 aprile, l’anima della rivoluzione di Piazza Tahrir», spiega Kamal Fayymi, sindacalista della fabbrica di Stato – la Misr Helwan – che dà lavoro a 27 mila operai, gli stessi che ieri sono usciti dai grandi cancelli dell’impianto e hanno marciato sulla sede della Confraternita.
L’impianto industriale che sfama mezza città è un complesso che occupa diversi chilometri quadrati, realizzato ai tempi di Nasser e rispecchia quel sogno industriale socialista che il raìs ambiva realizzare. Il tempo sembra essersi fermato a quegli anni: nessun computer negli uffici ancora con gli arredi stile coloniale, contabilità e presenze sono annotate su vecchi registi con la penna biro. «Siamo gente di provincia », dice Tarek Zain, sindacalista del reparto Coloreria, «abbiamo molta pazienza, ma quando la perdiamo niente può fermarci. Le notizie che arrivano dal Cairo non sono rassicuranti, la democrazia ha le sue leggi che non puoi nascondere sotto la
jallabya (la tunica araba, ndr) quando ti conviene».
Seduti al caffè “Maspero”, Fayymi prova a dare voce al sentimento della gente, dell’Egitto che non si riconosce nel nuovo potere islamista, pur essendo fedeli musulmani, e che è «pronto alle barricate per non vedere le “conquiste” della rivoluzione trasformate in un incubo all’iraniana ». «Un presidente che si considera presidente di tutti deve ricordare che a giugno scorso metà degli egiziani ha votato contro di lui, e le sue decisioni non possono essere unilaterali, inappellabili», insiste Fayymi.
La tv accesa nella sala intanto annuncia che il presidente Morsi ha deciso che la nuova Costituzione, di marca islamista, verrà votata oggi dall’Assemblea costituente, organismo dominato dalla Confraternita da cui i membri dell’opposizione si sono dimessi per le pressioni e le minacce. Morsi, invece che ascoltare l’invito al dialogo con l’opposizione lanciato ieri anche da Ahmed Tayyeb, grande imam di Al Azhar e massima istituzione religiosa dell’Egitto e del mondo arabo sunnita, ha deciso di andare allo scontro diretto, sfidando la Corte costituzionale, unico organismo ancora non “occupato” dagli islamisti e le piazze di tutto il Paese, con conseguenze che si annunciano nefaste.
La Corte ha addirittura accusato Morsi di aver condotto una campagna diretta contro questi magistrati, ma «noi non abbiamo paura di ricatti o minacce e non ci sottomettiamo a pressioni di qualsiasi genere», ha annunciato ieri Maher Samy, che è il vicepresidente di questo organismo. In giugno la Corte aveva disposto lo scioglimento del Parlamento dominato dai Fratelli musulmani e dai salafiti. Morsi aveva annullato la sentenza per decreto, ma i giudici costituzionali avevano ribattuto colpo su colpo, confermando la loro pronuncia. Uno scontro che ha fatto incrociare le braccia ai magistrati di tutto l’Egitto, provocando una paralisi istituzionale, che li ha portati in piazza a fianco di tutta l’opposizione martedì a Piazza Tahrir.
Si annunciano giorni di alta tensione per il nuovo Egitto. Venerdì l’opposizione, che non ha mai lasciato in questi giorni il presidio sulla Tahrir, annuncia una grande manifestazione contro “il golpe islamico”, e l’occupazione a oltranza del luogo simbolo della rivoluzione del 2011. Sabato la Confraternita e i salafiti marceranno nella capitale a sostegno di Morsi verso quella stessa piazza, in un confronto che si annuncia tragico per l’Egitto.
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