Un sito di interesse strategico
ROMA. L’ordine è uno solo: trovare in fretta una soluzione che allo stesso tempo permetta di scongiurare la chiusura dello stabilimento senza intaccare i poteri della magistratura. Sull’Ilva il governo ha fretta, anche perché col passare dei giorni aumentano i timori di eventuali problemi legati all’ordine pubblico. Di questo ieri Mario Monti ha parlato al Quirinale con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale ha spiegato la possibilità di fare ricorso a un decreto che potrebbe vedere la luce al prossimo consiglio dei ministri.
Proprio per questo il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha messo al lavoro un esercito di tecnici ai quali ha chiesto di trovare soluzione a un problema non da poco: riuscire a conciliare gli interessi di due poteri diversi dello Stato. Da una parte i magistrati pugliesi che hanno ordinato lo stop alla produzione e, dall’altra, il governo che con l’ultima Aia conta di procedere alla bonifica dello stabilimento senza però intervenire sulla produzione. «Una questione non da poco alla quale sta lavorando una schiera di giuristi», spiegano al ministero dell’Ambiente.
Una possibile soluzione sarebbe già stata trovata: dichiarare l’Ilva di Taranto sito di interesse strategico nazionale, come venne fatto nel 2008 dal governo Berlusconi con l’inceneritore di Acerra. Un’ipotesi che ieri il ministro Corrado Clini non ha escluso completamente anche se, ha sottolineato, si tratta ancora solo di una possibilità alla studio. «Quello di Acerra è un precedente coerente con le leggi, perciò potrebbe essere usato come base di riferimento», ha spiegato il ministro.
Si tratta di due casi, quello di Acerra e l’Ilva, completamente diversi tra loro, ma la dichiarazione di area di interesse strategico, che metterebbe l’acciaieria pugliese sotto il controllo dei militari che ne limiterebbero anche gli accessi, consentirebbe all’azienda di continuare a produrre nonostante i divieti della magistratura e la decisione dei Riva di chiudere i battenti. Perché per il governo il problema è proprio questo: per fare in modo che i Riva paghino i costi della bonifica, l’Ilva deve continuare a produrre. «La situazione che si è creata rappresenta un ostacolo aggiuntivo a questo percorso; il governo sta lavorando per superare questo ostacolo», ha detto Clini polemizzando con i magistrati pugliesi. Annunciato per domani, il decreto potrebbe in realtà slittare a venerdì proprio per le difficoltà che presenta.
Ma sul fatto che la strada intrapresa sia questa ormai sembrano esserci pochi dubbi. «Abbiamo lavorato in questi mesi avendo esattamente in mente l’esigenza di coniugare le attività produttive con la difesa dell’ambiente e della salute: nemmeno un centimetro di questo lavoro va perso» ha proseguito Clini, che ieri ha ricevuto l’appoggio del Pdl.
Intanto la situazione a Taranto è sempre più tesa. La decisione degli operai di occupare lo stabilimento preoccupa il ministro degli Interni, che ieri ha parlato di «clima delicato». «La situazione è molto preoccupante perché i posti di lavoro messi in discussione sono tantissimi, non solo quelli di Taranto ma riguarda anche l’indotto», ha detto Anna Maria Cancellieri. Situazione che preoccupa anche i sindacati, Fim, Fiom e Uilm, che hanno proclamato otto ore di sciopero per domani con manifestazione nazionale a Roma.
Secondo il segretario della Fiom Maurizio Landini la questione Ilva «è un banco di prova per il governo, che deve svolgere un ruolo diretto, seppure transitorio, nella gestione dell’azienda». Per Landini l’unica cosa che potrebbe scongiurare la sciopero sarebbe proprio un’assunzione di responsabilità da parte del governo per evitare la chiusura dell’Ilva e «perché vengano fatti gli investimenti necessari per produrre senza creare problemi né ai lavoratori né ai cittadini».
Preoccupazione per la situazione dell’Ilva è stata espressa anche dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, convinto che sulla base di quanto accadrà a Taranto «si giocherà un po’ il futuro dell’industria pesante in Italia».
Related Articles
“Stop alla formazione non pagata e largo a nuovi ammortizzatori”
Camusso: agevolazioni a chi assume, ma servono più investimenti
I poveri di Renzi e Boeri
Pensionati. Secondo il rapporto Inps sul 2014, la metà degli over 65 vive con meno di 700 euro al mese. E sotto i 500 euro ci sono soprattutto donne