I costi del Paese che invecchia 16 Miliardi in più entro il 2060

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ROMA — I numeri dicono più delle parole, i grafici (a volte) ancora di più. E allora per capire cosa ci sia dietro quella frase di Mario Monti e quale futuro ci aspetta, la cosa migliore è leggere uno degli ultimi rapporti della Ragioneria generale dello Stato, l’organo del ministero dell’Economia che ha l’arduo compito di vigilare sulla spesa pubblica.
Il vero vantaggio del grafico è il colpo d’occhio. E quella curva che sale da sinistra verso destra è più chiara di mille ragionamenti visto che disegna le «tendenze di medio-lungo periodo del sistema sanitario». Cioè, visto che siamo al ministero dell’Economia, la sua sostenibilità . Nel 2010 la spesa sanitaria copriva il 7,3% del Pil, il prodotto interno lordo, la «ricchezza» del nostro Paese. Nel 2060, ultimo anno preso in considerazione nell’analisi, il rapporto arriverà  all’8,2%. Un punto scarso di Pil in più, un costo aggiuntivo di 16 miliardi di euro l’anno ai valori correnti. A volte più dei numeri (e anche dei grafici) dicono i confronti. E allora vale la pena ricordare che quei 16 miliardi di euro non sono esattamente peanuts, noccioline come direbbero gli americani. È la somma che l’Italia ha versato all’Unione europea nel 2011, un contributo che ci tornerà  indietro solo in parte sotto forma di fondi strutturali, quelli che poi non riusciamo nemmeno a spendere anche se questa è un’altra storia. È il doppio del giro d’affari di una delle industrie più fiorenti del nostro Paese, quella della contraffazione. E ancora è tre volte il costo previsto per il mini taglio dell’Irpef inserito da questo stesso governo nella legge di Stabilità , quello poi cancellato dal Parlamento per evitare almeno in parte l’aumento dell’Iva. Una cifra importante, insomma, che pesa sui conti pubblici ed è in grado di condizionare le scelte di politica economica e sociale di ogni governo.
Ma perché si prevede un aumento del genere? La risposta è a suo modo semplice e irrimediabile. Nel 2010, in Italia, la speranza di vita degli uomini era di 79,1 anni, nel 2060 salirà  a 86,2 anni. Quella delle donne era nel 2010 di 84,3 anni e nel 2060 sfonderà  quota 90 per arrivare a 91,1 anni. Viviamo sempre più a lungo. Una meravigliosa conquista della modernità , dovuta in gran parte al progresso delle medicina. Che però, come per contrappasso, può trasformarsi in un problema per la medicina stessa, cioè per la sostenibilità  economica del servizio sanitario nazionale. Gli anziani usano più medicine, fanno più esami, si ricoverano più spesso. Avere una popolazione anziana significa avere un sistema sanitario costoso. Naturalmente ci sono altre variabili, come i livelli di assistenza che lo Stato decide di garantire o il valore dei ticket imposto ai pazienti. Ma lo studio della Ragioneria si basa sul metodo del cosiddetto «pure ageing scenario» che considera le variazioni del rapporto spesa sanitaria/Pil dipendere solo dalle modifiche nella struttura della popolazione. Un limite, certo. Ma è inevitabile mettere dei paletti quando si prova a disegnare il futuro.
In realtà , la curva non sale senza interruzioni. Anzi, proprio in questi anni fa registrare una leggera discesa, fino al 2015. Secondo la Ragioneria dello Stato è il frutto delle drastiche misure decise da questo e dal precedente governo che, tra commissariamento delle regioni in rosso, blocco del turn over e tagli alla spesa per le forniture, riusciranno, al prezzo di duri sacrifici imposti ai pazienti, a invertire (per poco) la tendenza. Ma è solo una parentesi. Dice il rapporto che la curva «mostra una crescita piuttosto regolare tra il 2015 e il 2040». Da quel momento in poi il «ritmo di crescita mostra una leggera flessione dovuta all’uscita delle generazioni del baby boom». Il rapporto evidenza il problema ma, ovviamente, non dice come va risolto. Non indica quale soluzione scegliere tra aumento delle tasse, taglio dei servizi, riduzione degli sprechi o, come dice Monti, nuove forme di finanziamento. Toccherà  alla politica decidere, tenendo conto che siamo già  vicini al limite.
Due giorni fa nel Lazio, regione in deficit dove è arrivato il commissario Enrico Bondi, per la prima volta tutti i sindacati della sanità  hanno scritto a Giorgio Napolitano dicendo che il sistema sanitario è «al collasso e i livelli essenziali di assistenza sono a rischio». Uno scenario greco. C’è però un altro dato importante da considerare. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei costi del sistema sanitario non è certo un problema solo italiano. La stessa tendenza riguarda tutta Europa. E per una volta siamo messi meglio degli altri. Il nostro rapporto fra spesa sanitaria e Pil è più basso rispetto alla media Ue sia nel 2010 sia nella proiezione al 2060. Lo dice un gruppo di lavoro dell’Ecofin, il consiglio economia e finanza di Bruxelles. E lo riporta il documento della Ragioneria che spiega questa dinamica con «gli effetti delle misure di contenimento adottate negli ultimi anni». Se ci saranno altri compiti a casa, non saremo gli unici a farli.


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