Gli operai preparano i blocchi, sciopero ad oltranza

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TARANTO — Il governatore Nichi Vendola nel giorno più nero dell’Ilva rivendica il suo ruolo di governatore: «Archinà  era il responsabile delle relazioni pubbliche dello stabilimento. Era doveroso che avessi contatti con lui, con il gruppo dirigente e il management. Tentavo di evitare quel che sta succedendo adesso, cioè giungere all’implosione».
«Da ieri pomeriggio quell’«implosione» è realtà . L’Ilva ha i battenti chiusi, gli operai sono in agitazione permanente con presidi davanti allo stabilimento. E ieri sera è stato dichiarato lo sciopero a oltranza dell’intero impianto siderurgico: incrociano le braccia i 5.000 lavoratori dell’area a freddo che ieri alle cinque del pomeriggio hanno saputo dall’azienda di essere «in libertà » con effetto immediato, ma anche gli operai dell’area a caldo sotto sequestro giudiziario da mesi. La fabbrica, salvo gli impianti che non è possibile spegnere, è praticamente ferma e nessuno sa dire se e quando si riprenderà  a lavorare. Ovvia la preoccupazione dei lavoratori che si sono passati la voce nel giro di pochi minuti. I badge degli operai sono stati disattivati e l’ultimo turno è cominciato alle tre del pomeriggio. Alle undici di sera nella zona a freddo non c’era più nessuno a mandare avanti i reparti. Centinaia di telefonate l’uno all’altro per dirsi che il momento tanto temuto era arrivato. E stavolta non c’è la divisione che nei mesi scorsi ha tenuto banco fra i sindacati confederali: sono tutti dalla stessa parte. La Fiom è la più critica e accusa l’azienda. Il segretario generale di Taranto Donato Stefanelli attacca: «Questo atteggiamento ricattatorio non esiste. Abbiamo chiesto cosa significa quest’azione sul piano lavorativo ma non lo sanno neanche loro. È un’azienda allo sbando e l’unica cosa che sa fare è mettere in atto una rappresaglia». E ha invitato gli operai che ieri sera dovevano «finire il turno a rimanere al loro posto» e quelli che montano stamattina a «presentarsi regolarmente». E sembra che qualche lavoratore abbia aderito restando in fabbrica. Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti da Roma dice: «Purtroppo la catastrofe è arrivata e ancora una volta pagheranno gli operai, poi i cittadini perché nessuno più risanerà  l’ambiente». La Fim-Cisl spera che si possa «ripartire correggendo gli errori del passato».
La Confindustria evidenzia che la chiusura dell’Ilva i costi per la collettività  «saranno pari quasi a un miliardo di euro all’anno». Schierati invece da sempre e più che mai accanto alla magistratura, sono gli ambientalisti. Peacelink parla di «cupola del malaffare ambientale che comincia a crollare», mentre il verde Angelo Bonelli chiede il sequestro immediato dei beni della famiglia Riva perché, con il valore ricavato, si possa procedere alle bonifiche. Tutti chiedono l’intervento del governo e in serata arriva la risposta della convocazione delle parti sociali.
«Giovedì alle tre sarò anch’io con sindacati e operai a Palazzo Chigi» dice il presidente Nichi Vendola. Quanto alle accuse del gip, sul suo presunto ruolo di «regista», risponde: «Non ho mai fatto pressioni, ho solo scelto per l’Arpa uno scienziato di altissimo livello e l’ho riconfermato, Giorgio Assennato». E aggiunge: «Dopo decenni di latitanza politica su questo inquinamento di proporzioni rilevanti, sono stato io a dare gli strumenti all’Arpa per poter compiere i monitoraggi. Alle prime evidenze scientifiche sono intervenuto con una legge regionale che ha imposto all’Ilva di abbattere le emissioni. E adesso al governo voglio chiedere di fare tutto perché l’azienda risponda alla questione posta dalla magistratura: come si interrompono ora i reati?».


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