«Il segreto bancario nutre la finanza frankenstein ma l’accordo bilaterale è meglio degli scudi»

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Cosa pensa dell’accordo bilaterale con la Svizzera per la tassazione diretta dei fondi neri italiani depositati nelle casse elvetiche?
La riflessione viaggia su due binari, uno di opportunità  di bilancio dello Stato italiano e uno di accettabilità  di valori condivisi che dovrebbero essere ispirati alla lotta senza quartiere all’evasione. Rispetto alla situazione drammatica che viviamo, incassare 15-25 miliardi in più (anche se le stime sono molto difficili da fare) è una ciambella che non si può rifiutare. Capisco che lo Stato italiano stia cercando di raggiungere al più presto l’accordo con la Svizzera perché questi nuovi introiti, malgrado Bruxelles impedisca di usarli per il bilancio corrente, possono però servire a tamponare l’esposizione dovuta al finanziamento del fondo salva stati. 
In realtà , attualmente sembra che a spingere di più siano gli svizzeri. 
Figuriamoci, i nostri non lo ammetteranno mai che vogliono chiudere al più presto. Anche perché Monti ritiene che fare l’accordo va contro la trattativa globale aperta da alcuni anni tra Bruxelles e Berna sulla nuova convenzione fiscale quadro. Sono convinto però che a Grilli non dispiace affatto di chiudere il tavolo entro fine anno, anche perché si garantisce un flusso niente male per i prossimi anni. 
Diceva invece che dal punto di vista dei valori…
È un accordo estremamente discutibile. Soprattutto perché andiamo ad accettare il principio del segreto bancario.
Eppure per il popolo svizzero – non solo per le banche – è un principio liberale irrinunciabile in una società  civile.
In un sistema globale, finché ci sarà  il segreto bancario, non riusciremo mai a mettere sotto controllo la finanza «frankenstein». Non solo non possiamo combattere l’evasione e l’elusione, ma soprattutto avremo sempre meccanismi che spuntano le armi alla lotta alla criminalità  organizzata. Finché esisterà  il segreto bancario, di fatto le cosiddette banche ombra – che sicuramente non sono nate per proteggere né i criminali né gli evasori – contribuiranno però a rendere non trasparente il sistema finanziario mondiale che purtroppo è multiplo del Pil mondiale. Non lo dico io, sono cose che ha scritto il Financial stability forum. Si tratta di uno dei cardini della filosofia che aveva ispirato anche gli accordi di Bretton woods. Se si va a guardare il sistema monetario che aveva ipotizzato Keynes dopo la guerra, gli squilibri economici mondiali alla base delle crisi come quella attuale sono alimentati da squilibri finanziari monetari. 
L’accordo si presenta quasi come un condono tombale per gli evasori anche se il ministro Grilli dice che non può essere «nè un condono né un’amnistia».
Certo, è un condono tombale, ma comunque sempre meglio dello scudo fiscale. 
L’associazione svizzera dei banchieri spiega però che se l’aliquota sul passato sarà  troppo più alta di quella degli scudi fiscali attuati dal governo italiano, i fondi italiani emigreranno verso altri paradisi fiscali. 
In linea teorica hanno ragione a dire che l’imposizione fiscale non può essere molto superiore a quella prevista per la tassazione futura dei conti rimasti anonimi. L’aliquota però deve essere calcolata in base ai mancati introiti fiscali, adeguata alla duration e alla consistenza dei depositi finora defiscalizzati. Per quanto riguarda lo scudo, si ricordi che lo hanno fatto anche gli inglesi con una percentuale superiore alla nostra. Io non credo molto alla fuga dei fondi verso altri paradisi fiscali. E poi mi chiedo: ma siamo sicuri che questa aliquota verrà  applicata davvero e che le banche svizzere non contribuiscano invece in parte alla tassazione di certi clienti importanti pur di evitare che scappino? L’intera operazione non è affatto trasparente e potrebbe essere applicata in modo molto discrezionale. 
Eppure i depositi di italiani in Svizzera non sono tutti fondi neri…
Non scherziamo, stiamo parlando di cifre talmente consistenti da non essere riconducibili ai soli lavoratori frontalieri o alle imprese che operano in Svizzera. Noi abbiamo un tasso di evasione cronico; negli ultimi anni almeno il 16% del Pil italiano è sommerso, pari a tre volte la media dei paesi Ocse. È francamente inaccettabile dire che i capitali depositati in Svizzera sono quelli dei poveri frontalieri. Capisco Grilli quando dice che ci sono tante cose da mettere ancora a posto: un errore adesso si trasformerebbe in un precedente storicamente pericoloso anche per gli altri Paesi europei. Già  si cede sulla segretezza, non si può evitare di far pagare un’una tantum commisurata a quanto evaso finora. 
Secondo un esperto come il professore Paolo Bernasconi, quando, nel marzo 2009, la Svizzera ha sottoscritto gli standard Ocse, ha di fatto intrapreso la strada dello smantellamento progressivo del segreto bancario totale. 
Se è così, è un gran passo avanti. Io so che tutte le inchieste aperte in Italia per chiedere collaborazione sul reato di evasione non sono mai andate da nessuna parte. I magistrati finora hanno ottenuto informazioni solo se erano in grado di dimostrare che c’erano in ballo reati più gravi, tipo il riciclaggio. 
Stralciare la Svizzera dalla black list italiana è questione che riguarda anche una grande fetta della popolazione lombarda, perché? 
È vero, è un problema molto serio. Se si raggiunge l’accordo sul prelievo, si stemperano le tensioni tra i due Paesi e non si verificheranno più fenomeni di ostruzionismo come quelli messi in atto da Berna sulla questione della doppia imposizione, quando congelò i trasferimenti ai comuni. È un dato oggettivo che se la Svizzera esce dalla black list si aiutano gli stessi lavoratori transfrontalieri e tutti quelli che hanno attività  commerciali al di là  del confine


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