Sexgate, Jill la Mata Hari libanese inguaia il capo militare in Afghanistan

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NEW YORK — Il Petraeus-gate ha provocato una nuova scossa di terremoto. Ora è arrivato a Kabul: nell’indagine l’Fbi si è imbattuta anche nel comandante delle forze Usa e Nato in Afghanistan, il pluridecorato generale dei marine John R. Allen. Il presidente Obama ha congelato la sua nomina a Comandante supremo delle forze Nato. E Jill Kelley, la terza donna dello scandalo, potrebbe essere una Mata Hari libanese.
Basta una Mata-Hari di origine libanese, quasi una sosia di Eva Longoria, le sue toccatine sotto il tavolo a un generale, e l’America si ritrova i vertici delle forze armate destabilizzati, una crisi del suo dispositivo in Afghanistan, la Cia senza capo, l’avvicendamento al comando alleato in Europa paralizzato, il ministro della Difesa che attacca l’Fbi. Le “donne dei generali”: non è più solo una storia di sesso. Ci sono email galeotte che rivelano spostamenti segreti del capo della Cia. C’è una 37enne molto intraprendente che fa da “collegamento” tra i vertici militari degli Stati Uniti e i governi del Medio Oriente. Lo scandalo che ha costretto alle dimissioni David Petraeus, ex capo della Cia, da ieri coinvolge un altro generalissimo: il suo successore alla testa delle operazioni in Afghanistan, John Allen.
Generale dei marines, quattro stellette, Allen ha una carriera parallela a quella di Petraeus, che sostituì in Afghanistan. Ora doveva andare a dirigere le forze Nato in Europa. Tutto congelato, su decisione del segretario alla Difesa Leon Panetta. Obama si dice “sorpreso”, i suoi lo descrivono piuttosto “furioso”, ma per il momento “ribadisce la fiducia” sia verso Petraeus (di cui ha accettato le dimissioni) sia verso Allen. Quest’ultimo a dimettersi non ci pensa affatto. Si difende, nega di avere avuto una relazione extraconiugale. Il suo problema sono le “ventimila o trentamila” email che si è scambiato in due anni con Jill Kelley, la brunetta di origini libanesi, residente a Tampa in Florida. Città  cruciale per questo scandalo: è lì che i due generali s’incrociano, al Central Command che coordina anche tutte le operazioni in Medio Oriente. E si scambiano le donne? La Kelley è la “terza donna” nello scandalo Petraeus. Fu lei ad allertare l’Fbi per le email minacciose che le rivolgeva Paula Broadwell, l’amante di Petraeus. E’ da quella denuncia che i cyber-poliziotti dell’Fbi sono risaliti alla relazione Petraeus-Broadwell. Grazie soprattutto allo zelo di un agente speciale dell’Fbi che per la Kelley aveva un debole: al punto da inviarle per telefonino delle foto di se stesso seminudo. L’agente poi fu “allontanato dall’indagine” su decisione dei superiori. Ma l’inchiesta è andata avanti fino a scoprire la fluviale corrispondenza elettronica, di natura “flirtatious”
(ammiccante, maliziosa) tra Jill e il generale Allen. La Kelley aveva un tale potere di seduzione da conquistare ben due generali tra i più potenti del mondo? E la sua rivale, la Broadwell, non ci ha visto più quando l’altra ha palpeggiato il capo della Cia a una cena? La domanda più inquietante se l’è posta ieri il generale James Spider: “Sono tante trentamila email inviate a una signora che organizza party e mondanità , soprattutto se chi gliele spedisce ha altre preoccupazioni” (per esempio: condurre la guerra in Afghanistan). Ma un collaboratore di Petraeus spiega che la Kelley svolgeva un ruolo ufficioso di “collegamento” con alcuni governi mediorientali. Strano incarico per una donna nota come anfitrione di feste mondane, indebitata fino al collo, che ai generali chiede aiuto anche per vicende domestiche (una lite giudiziaria che coinvolge la sorella gemella).
Il segretario alla Difesa chiama in causa la stessa Fbi: “Avrebbe dovuto informare il Congresso”, accusa Panetta. E’ d’accordo la più autorevole senatrice democratica su questi temi, Dianne Feinstein che presiede la commissione di vigilanza sui servizi. Il suo omologo repubblicano alla Camera, Peter King, rende ancora più espliciti i sospetti sull’Fbi. “Una banale denuncia per email moleste — dice King — di solito non fa scattare un’indagine dello Fbi. Siamo nel mezzo di cyber-guerre con l’Iran, con la Cina, non capisco come si possa mettere una task force dell’Fbi a indagare su un triangolo amoroso, o liti sa donne, o roba del genere”. L’Fbi si difende: in quelle email della Broadwell venivano rivelati “spostamenti segreti del capo della Cia”. Altre domande riguardano la tempistica di tutti gli eventi, resi noti al Congresso e allo stesso presidente solo 48 ore dopo le elezioni; e proprio quando Petraeus avrebbe dovuto testimoniare al Congresso sulla tragedia di Bengasi, l’uccisione dell’ambasciatore Usa in un attentato di Al Qaeda l’11 settembre (la Cia è accusata di non aver fornito le protezioni necessarie). “Perché — si chiede il deputato repubblicano Tom Price — questa mancanza di trasparenza? La sicurezza degli Stati Uniti è stata in qualche modo compromessa? La sequenza degli annunci è legata alle elezioni?” Sono le domande a cui l’Amministrazione Obama deve trovare risposte convincenti, in fretta.


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