L’anticastrismo non è più di moda

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L’AVANA. Cuba tira il fiato. Dopo la vittoria di Hugo Chavez in Venezuela il mese scorso, tutti gli occhi erano puntati sul poderoso vicino del Nord. Il secondo mandato conquistato da Barak Obama è il risultato più favorevole o, quantomeno, «il meno peggio», come afferma lo storico Lopez Oliva.
Nel 2008, Cuba aveva accolto con favore l’elezione del primo «presidente nero» degli Usa – l’11mo dalla vittoria della rivoluzione castrista nel 1959. Però, 4 anni dopo, l’Avana accusa Obama di non aver intaccato l’embargo contro l’isola, nonostante abbia tolto una serie di restrizioni riguardo alle rimesse e ai viaggi nell’isola dei cubano-americani. Per questo, il vertice politico cubano, almeno ufficialmente, non si aspetta consistenti aperture per risolvere il 50ennale conflitto politico che divide i due paesi; ma di certo può tirare il fiato avendo evitato il pericolo della linea dura sbandierata dal repubblicano Romney.
«Vamos a seguir igual, la politica di Obama non cambierà , ma un presidente democratico è comunque meglio di uno repubblicano», è l’ottimismo scettico condiviso da buona parte dei cubani, molti dei quali erano preoccupatissimi che, a seguito di una vittoria repubblicana, venissero ripristinati i tagli alle rimesse e ai viaggi a Cuba dei cubano-americani decisi da Bush. Ma anche dall’altra parte dello stretto di Florida molti analisti condividono questa linea. «L’America latina non rappresenta una grande zona di conflitto per gli Usa, e dunque continuerà  a non costituire una priorità  per l’amministrazione Obama», ha scritto Raàºl Perales, analista del Centro Woodeow Wilson. Per quanto riguarda Cuba, si prevede che probabilmente Obama manterrà  il complesso schema di incentivi e pressioni con il fine di «favorire un cambiamento politico nell’isola».
Questo non convince però gli analisti più attenti alla trasformazione in corso nella consistente (e politicamente influente) comunità  cubano-americana della Florida. «La vittoria di Obama con l’aumento – seppur modesto – del voto a favore dei democratici dei cubano-americani e l’elezione del democratico Joe Garcà­a nelle elezioni per il Congresso, dimostrano che vi è una base politica crescente favorevole a un maggior dialogo con Cuba», ha dichiarato Là³pez-Levy, professore all’Università  di Denver. Philip Peters, analista del Lexington Institute, va oltre: «I cubano-americani hanno sempre costituito il segmento dell’elettorato latino su cui i repubblicani potevano fare affidamento». Le votazioni di martedì in Florida, ancora in sospeso ma con Obama in vantaggio, dimostrano che la situazione sta cambiando. Non solo la maggioranza dei latinos ha votato per Obama, ma a Miami-Dade, dove i cubani rappresentano il 65% della comunità  latina, il presidente ha ottenuto un leggero vantaggio su Romney (49% contro 47%). Questo significa che «la buona-vecchia linea dura dei cubano-americani non è più in grado di assicurare che la maggioranza della propria comunità  dia il voto al Gop. La comunità  sta cambiando. Almeno metà  dei cubano-americani non seguono più la bandiera dell’anticastrismo a oltranza». Questo fatto, per Peters, comporta anche che il «peso» dei duri anticastristi all’interno del Gop sia destinato a diminuire. I repubblicani «devono recuperare consensi tra i cittadini di discendenza latina e non essere ossessivamente legati ai cubano-americani. I primi, infatti, devono rispettare le leggi dell’immigrazione, mentre i cubani godono di un trattamento speciale, che di fatto assicura loro la green card una volta messo piede qui».
Il presidente Raàºl Castro aveva messo l’accento su tale cambiamento della diaspora cubana in occasione della visita a Cuba di papa Benedetto XVI, lo scorso marzo. La grande maggioranza della comunità  cubana all’estero, aveva detto, non è più ostile al governo dell’Avana, al contrario dimostra la sua ostilità  nei confronti dell’embargo americano. Per questa ragione, seppur con ritardo rispetto alle aspettative, il mese scorso è stata varata una riforma delle leggi migratrorie che dà  libertà  di viaggio all’estero ai cubani e rappresenta una mano tesa alla diaspora. Il governo dell’Avana – con la mediazione della Chiesa cattolica cubana – pensa che i cubano-americani della Florida possano dare un impulso importante agli investimenti esteri nell’isola.
La palla dunque è nel campo di Obama. La riforma delle leggi migratorie era uno degli obiettivi della sua campagna elettorale di quattro anni fa. Obiettivo finora disatteso. Ma con la nuova vittoria e con i cambiamenti che si vedono in controluce nel partito repubblicano, sarà  responsabilità  del riletto presidente Usa mantenere le vecchie promesse.


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