CAMERE SEPARATE

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Ma è anche vero che le sorprese capitano e che il presidente ha vinto i più importanti stati in bilico solo per una manciata di voti, tanto che l’enorme scarto del 18% tra i Grandi elettori (303 a 206, con i 29 elettori della Florida ancora non assegnati) corrisponde a un vantaggio solo del 2,4 % in termini di voti popolari (60,2 milioni di voti contro 57,7), e deve ringraziare in particolare le donne single per questa vittoria in volata.
Insieme a Obama, è riconfermato anche il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, che Mitt Romney avrebbe di certo cacciato: una buona notizia per chi avversa il punitivo rigorismo di Angela Merkel, anche se i problemi strutturali del capitalismo americano (e quindi mondiale) restano tutti pericolosamente aperti. Con l’Obama bis, gli Stati uniti possono evitare che nella Corte suprema continui a dominare una maggioranza a destra di Attila: con ogni probabilità  Obama potrà  infatti nominare due giudici che bilanceranno i Clarence Thomas e gli Antonin Scalia che tante ferite hanno inflitto alla democrazia statunitense.
Pure la Cina in segreto sospira di sollievo, anche con la dovuta tara alle sparate elettorali di Romney. Oltre al mormone col complesso d’Edipo, il vero perdente sulla scena internazionale è Benjamin Netanyahu che aveva tanto investito sulla sconfitta di Obama, giocandosi così buona parte del suo capitale politico.
Ma il vero sconfitto è il Tea Party, la cui prospettiva politica esce battuta e impone al partito repubblicano una rifondazione: non è più vivibile – non fosse che per ragioni demografiche – il partito bianco, anti-femminista, omofobo, anti-nero, anti-latino, anti-salariati. Dovrà  trovare un’altra linea, un altro blocco sociale, un’altra cultura, pena una perdita trentennale di egemonia come quella che ha conosciuto il partito democratico da Ronald Reagan in poi.
Ma, da un altro punto di vista, oggi ci ritroviamo dove eravamo due anni fa dopo le elezioni di metà  mandato: con lo stesso Barack Obama presidente, lo stesso Senato a maggioranza democratica (ma non sufficiente a bypassare l’ostruzionismo della filibustery), e la stessa Camera dei rappresentanti solidamente in mano repubblicana: sei miliardi di dollari sono stati spesi (per le varie campagne elettorali) per riprodurre la stessa situazione esatta. Così ci attendono quattro anni di coabitazione da separati in casa e di sicuro due primi anni (fino al mid term) di guerriglia procedurale e blocco delle istituzioni. Insomma il peggio è stato evitato, ma la luce in fondo al tunnel rischia ancora di essere un treno che ci viene addosso.


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