Fukushima, il rischio taciuto
Oltre il 75% delle 40 stazioni di monitoraggio controllate da Greenpeace a Fukushima città ha mostrato livelli di radiazione più bassi rispetto a quelli rilevati nei loro immediati dintorni: a 25 metri di distanza si possono registrare livelli di contaminazione fino a sei volte superiori rispetto a quanto misurato nelle stazioni installate dal governo. «Le stazioni di monitoraggio ufficiali sono collocate in aree che le autorità hanno già decontaminato, ma dal nostro monitoraggio risulta che a pochi passi di distanza i livelli delle radiazioni crescono in modo significativo», afferma Rianne Teule, esperto di radiazioni di Greenpeace International. «Temiamo che queste stazioni diano ai cittadini un falso senso di sicurezza». Il fatto è che «decontaminare un’area può fare una differenza significativa sui livelli di radiazione, ma molti punti caldi rimangono non bonificati in tutta la città di Fukushima» aggiunge Teule. E la bonifica fa scersi progressi: «Ad esempio, la decontaminazione di aree di gioco per bambini e altre aree rilevanti per le persone più vulnerabili, non è andata avanti in modo sufficiente, nonostante sia passato più di un anno e mezzo dal triplice incidente di Fukushima».
Greenpeace ha controllato anche l’area di Iitate, di cui ha in passato chiesto l’evacuazione e che il governo ha suddiviso in diversi livelli di rischio, per preparare i residenti a tornare dopo la decontaminazione. Il team di Greenpeace ha scoperto che la bonifica nella zona contaminata del villaggio di Kusano è stata finora insufficiente, con livelli di radiazione fino a 5 microsievert l’ora registrati in una zona residenziale. Greenpeace ha anche trovato altri «punti caldi» fino a 13 microSv/h in una fabbrica cui è stato permesso di riprendere le attività lo scorso mese di settembre. All’ingresso di un residence c’è un altro hot spot con 9 microSv/h. Queste cifre rappresentano valori tra 60 a 160 volte i valori di fondo registrati prima dell’incidente di Fukushima (0.07 microSv/h). Tutti i valori citati sono stati misurati a una altezza di 1 metro. Questo significa che oggi in quella zona le persone corrono un rischio superiore di molte volte il limite internazionalmente riconosciuti di 1 millisievert l’anno.
«A differenza di Fukushima città , abbiamo visto molti lavoratori impegnati nella bonifica a Iitate, ma data la natura della regione, montuosa e ricca di foreste, questi sforzi sono come minimo mal gestiti data la difficoltà della bonifica e il rischio di ricontaminazione alto», afferma Kazue Suzuki, responsabile della Campagna nucleare di Greenpeace Giappone. «Le persone non possono tornare alla normalità a Iitate se le loro case, uffici o aziende sono contaminate. Una casa o un ufficio possono essere ripuliti, ma è molto improbabile eliminare dall’intera area i rischi di irraggiamento per i prossimi anni, il che rende molto difficile ricostruire una vita normale delle comunità », sottolinea Suzuki.
Il governo, accusa Greenpeace, continua a minimizzare i rischi delle radiazioni e dare false speranze alle vittime di questa catastrofe nucleare, invece di prendere la triste decisione di spostare le comunità colpite compensandole in modo equo. L’organizzazione ambientalista chiede al governo del Giappone di destinare con urgenza più soldi e risorse per tutelare la salute pubblica e di concentrarsi sulla decontaminazione completa delle aree densamente popolate, come la città di Fukushima.
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