«Di Pietro forcaiolo e securitario Sulla giustizia distanze profonde»
Andrea Orlando, lei del Pd è responsabile giustizia, il terreno di massimo conflitto con l’Idv. Che ne pensa della richiesta di Di Pietro di rientrare nella coalizione di centrosinistra?
Il terreno della giustizia non è l’unico su cui si misurano le vicinanze fra forze politiche. Ma certo, su questo le distanze con l’Idv sono grandi. E non perché con loro non condividiamo l’aspirazione alla legalità e alla giustizia, ma perché l’impostazione dell’Idv è spesso securitaria e forcaiola.
L’Idv è troppo giustizialista?
Di Pietro cavalca la campagna forcaiola della destra, quella che Luigi Ferrajoli definisce «populismo penale», che parte anche dalla parte opposta alla destra ma finisce ugualmente per ricercare la destrutturazione del processo penale, per trasformarlo in un’ordalia in cui finiscono le vicende della lotta politica. Così facendo contribuisce a sfasciare un’idea di giustizia, agitando ripetutamente la domanda di carcerizzazione. Che non a caso spesso ha fatto tutt’uno con la Lega.
Siete lontani anche su come legalizzare le carceri sovraffollate?
Sì. E le differenze non sono quelle fra un partito riformista e uno radicale. Infatti su questi temi noi dialoghiamo molto meglio con le forze della sinistra radicale, Sel e persino la Federazione della sinistra, dalla quale ci dividono molte cose su altri piani. E anche con i radicali. Non condivido la politica per campagne, ma i loro temi partono da problemi reali che infatti dovranno stare nell’agenda del prossimo governo. Su questi temi invece l’Italia dei valori ha una venatura populistica e autoritaria che assolutizza i pronunciamenti dei magistrati. E persino gli atti preparatori di un processo.
In questo giudizio così severo c’è di mezzo anche l’atteggiamento verso Napolitano a favore dei giudici di Palermo?
Anche lì, e parlo solo di questa vicenda, si può valutare più o meno opportuna la scelta di Napolitano di sollevare un conflitto di attribuzione. Ma non si può dire che è illegittima e che Napolitano vuole fermare i giudici. Quella possibilità è prevista dal nostro ordinamento. Contestarla è il sintomo della diffidenza verso gli organi di garanzia. È la posizione della destra, anche se giustificata con motivi opposti.
Già nel 2007 Di Pietro, insieme alla Lega e al Pdci, votò contro l’indulto del governo Prodi. Poi però nel 2008 avete scelto l’Idv come alleato.
Anche lì Di Pietro cavalcò la tigre securitaria, anche se con il senno di poi mi sento di dire che quell’intervento non ha risolto niente e che bisogna procedere con interventi strutturali, per esempio considerando il carcere come estrema ratio e estendendo i domiciliari. Ma se poi ogni cosa nella propaganda diventa un’amnistia, si gioca allo sfascio.
Sull’anticorruzione lo scorso giugno l’Idv accusò il Pd di inciucio perché nel testo non c’è il falso in bilancio. Finirà così anche anche in aula?
Quella è stata un’altra occasione di propaganda, tant’è che oggi, a testo sostanzialmente inalterato, Di Pietro chiede al governo di mettere la fiducia. Questo provvedimento, inadeguato e incompiuto, segna almeno un passo avanti. Non si può rimuovere il fatto che c’è ancora lo stesso parlamento che votò che Ruby era la nipote di Mubarack.
Bersani fa un’apertura verso di Pietro, o almeno dice che l’alleanza è «aperta ad altre forze». Lei non è d’accordo?
Ho una posizione laica, non voglio replicare i pregiudizi che Di Pietro ha su noi. Un’alleanza ha molti terreni, e certo il popolo Pd è vicino a quello dell’Idv. Però per fare alleanze chiare bisogna stare al merito delle questioni, e ad ora sulla giustizia ci sono forti distanze. A meno di un loro ripensamento. Ma la verità è che il Pd dialoga meglio con i partiti che eleggono i segretari, non con quelli di ispirazione personale, che è il crisma del populismo.
Ma Di Pietro è stato eletto dai suoi.
Ma l’Idv non mi sembra contendibile, per ora. Chi ne ha messo in discussione la leadership non ha fatto una bella fine.
Quindi niente alleanza?
Ad oggi per me non ci sono le condizioni. Ma questo non significa che non ci siano quelle di una collaborazione.
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