Formigoni chiede urne entro Natale Lite con Maroni sul Pirellone

Loading

MILANO — «Questa legislatura è giunta al termine». Roberto Formigoni ufficializza il game over davanti al Consiglio regionale riunito ieri mattina. E spiega che «si può e si deve andare a votare prima di Natale, o al massimo a metà  gennaio». Il conto alla rovescia, insomma, è cominciato: il governatore ha già  avviato le verifiche con il governo e la prefettura e nel giro di due settimane conta di firmare l’atto di fine corsa, forte delle dimissioni che i consiglieri del Pdl gli hanno annunciato: 23 consiglieri pdl su 27 avrebbero già  firmato una lettera di impegno in tal senso.
Data cruciale, il 25 ottobre. Quel giorno, raccontano alcuni formigoniani d’osservanza, arriverà  in aula la bozza della nuova legge elettorale: «Se passa, bene. Altrimenti, si andrà  al voto con la vecchia». Sia pure senza impiccarsi a una data, Formigoni dice la stessa cosa: «Approvare la legge elettorale è possibile in due giorni, se la volontà  politica c’è». Altrimenti, «si va al voto con questa legge: il male minore, piuttosto che perdere tempo». Ma l’election day non consentirebbe un risparmio di 50 milioni di euro? «Lo teniamo presente, ma quattro mesi in più senza governo portano danni miliardari».
Il governatore ha anche replicato al segretario del Carroccio, Roberto Maroni che, sulle pagine del Corriere, ha ammesso: «Fare il presidente sarebbe un onore». Secco Formigoni: «Ritengo irrituale che il capo di un partito che ha fatto cadere una giunta che ha lavorato bene possa pretendere di essere il candidato». Di più: «È difficile che la Lega possa esprimere il candidato». Il segretario Angelino Alfano non sembra tuttavia condividere l’intransigenza formigoniana: le posizioni di Lega e Pdl «sono conciliabili» e il nuovo governatore «lo sceglieremo insieme con metodo democratico».
E l’interessato cosa ne pensa? «Non vedo — dice Maroni — come Formigoni possa dire che io posso o non posso candidarmi, non è una decisione che spetta a lui. Non abbiamo rottamato niente, la Lombardia si è auto-rottamata con gli scandali». Il segretario leghista risponde anche a chi osserva che le primarie padane del prossimo weekend chiudono la porta alla discussione con i possibili partner: «Se il Pdl vuole fare le primarie con noi, io sono d’accordo e dico facciamole: noi sceglieremo il nostro candidato, il Pdl scelga il suo e poi vedremo i cittadini lombardi chi preferiscono e quello sarà  il nostro candidato».
E nel Carroccio? Cosa pensano gli adepti di «Prima il Nord» delle mosse del governatore? La buttano sul macroscenario. Primo: «La cosa fantastica — racconta un deputato — è che tutti i pidiellini lombardi non aspettano altro che le elezioni sicule. Lo spartiacque è quello. Se le perdono, e le perdono, non ha chiuso soltanto Alfano. È tutto il Pdl che salta in aria». Secondo: «A quel punto, Berlusconi abbandona il partito del predellino al suo destino e rifonda Forza Italia lasciando tutti coloro che lui considera scorie nel Pdl, la bad company del centrodestra». Terzo: «Formigoni questo lo sa bene e per questo sta portando, contro il suo partito, la situazione verso la rottura: vuole costringere Berlusconi ad andare al voto ancora con il Pdl». Quarto e ultimo punto: «La cosa è particolarmente importante per Formigoni perché il progetto a cui sta lavorando da questa estate, un nuovo partito del Nord che ricalchi alcune delle nostre caratteristiche, non è ancora pronto».
Intanto, in Regione il clima resta teso. Assente Nicole Minetti, in congedo per motivi personali, c’è stata la protesta dei consiglieri di centrosinistra che hanno simbolicamente occupato il banco della presidenza e mostrato uno striscione inneggiante alle dimissioni del presidente. I colleghi leghisti, invece, hanno indossato magliette con la scritta: «Mafiosi!! Giù le mani dal Nord».
«Incontro cordiale», infine, fra Formigoni e Vittorio Sgarbi. Che annuncia: «Se si va a votare prima delle politiche, saremo presenti con la lista del nostro Partito della rivoluzione. In appoggio ad Albertini e senza la Lega, unica condizione per vincere».


Related Articles

Il Colle detta i tempi: governo, niente paralisi

Loading

Segnale a Ue e mercati La precisazione: addio del premier certo

Lo spread tocca quota 290, ma il ministro dell’Interno «se ne frega»

Loading

Il ministro dell’Interno pensa che ignorare i mercati paghi. Tria e Conte minimizzano: nessun allarme. Braccio di ferro sul nuovo decreto sicurezza leghista. Toninelli: «Valuteremo dopo le elezioni»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment