Squinzi attacca il governo: misure non incisive
ROMA — «Al di là di qualche dichiarazione di principio dal governo non abbiamo visto misure molto concrete». Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi mette nel mirino delle sue critiche l’esecutivo del Professore dal quale si sarebbe aspettato provvedimenti più incisivi per la ripartenza in particolare sulla ricerca, innovazione e infrastrutture. Ma anche la Fiat è colpevole di aver fatto «troppi annunci e poche cose concrete». Commentando con la stampa, ai margini dell’assemblea degli industriali di Verbania, l’esito dell’incontro tra l’amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne e i sindacati ai quali ha detto che non ci saranno chiusure di stabilimenti, Squinzi ha aggiunto: «Non dimentichiamo che aveva annunciato 20 miliardi per il piano Fabbrica Italia di cui poi si è persa traccia». Poco dopo arriva la risposta un po’ seccata del Lingotto che invita Squinzi a considerare che dal 2010 (quando si parlò dei 20 miliardi, ndr) «il quadro economico è profondamente peggiorato, forse le sue industrie non ne hanno risentito ma tutte le altre attività certamente sì».
Il presidente degli imprenditori è intervenuto pure sull’accordo per la produttività . La trattativa è alle battute finali. Il premier, Mario Monti, potrebbe convocare questa sera le parti a Palazzo Chigi. Secondo Squinzi l’intesa non si baserà certo sulla riduzione dei salari. «Stiamo cercando il consenso di tutte le parti sociali, dobbiamo essere compatti, se poi qualcuno si vuole defilare ne prenderemo atto». Fino all’altro giorno il «defilante» più gettonato era la Cgil ma ieri sera sono sopraggiunti forti mal di pancia da parte dei «piccoli» di Rete imprese Italia che avrebbero posto la pregiudiziale di introdurre il demansionamento. Squinzi si è impegnato personalmente con Monti di portargli in tempo utile l’accordo e quindi con tutta probabilità entro stasera o al massimo domani mattina (il premier parte per Bruxelles alle 14 di giovedì) si tenterà di chiudere su un documento politicamente commestibile e comunque in grado di accontentare per il momento i mercati e gli economisti del Consiglio europeo.
La partita, in ogni caso, a ieri sera era tutta da definire. «Mi pare che siamo molto lontani», ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, mentre per Luigi Angeletti (Uil) «si stanno discutendo i testi, vediamo cosa esce ma se va bene uscirà una cosa molto modesta». Più ottimista Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl secondo il quale «bisogna impegnarsi a farlo, conviene a tutti», aggiungendo che «la trattativa non è in salita a meno di colpi di scena».
Il negoziato sulla produttività ieri è stato poi complicato dalla crisi del settore bancario sul quale incombe il prepensionamento di circa 35 mila lavoratori (anche se l’Abi, associazione della banche, dice di non aver fornito numeri a sindacati) su un totale di 325 mila addetti mentre l’Inps annuncia 4 mila esuberi, frutto della spending review, entro il primo novembre. Lo ha detto il direttore generale Inps, Mauro Nori, dopo un’audizione al Senato specificando che «se non sarà sufficiente il pensionamento ci sarà la mobilità ».
Nel soppesare l’azione di governo il numero uno degli imprenditori è stato pungente su molti altri punti. L’intervento sulla semplificazione, per esempio, Squinzi lo avrebbe preferito con un decreto al posto del più lungo disegno di legge «anche se in quel provvedimento ci sono degli elementi positivi, la semplificazione è la base su cui iniziare la ripartenza del nostro Paese». E poi la riduzione di un punto delle aliquote Irpef «è sicuramente un fatto positivo per le famiglie ma non per le imprese: «Quando siamo stati ricevuti dal governo il provvedimento ci era stato presentato in modo diverso, stiamo valutando il testo in queste ore con le tabelle». In merito alle polemiche sulla Ragioneria generale dello Stato che ha sollevato molti paletti contro i provvedimenti sviluppisti annunciati dal ministro Corrado Passera, Squinzi si è detto convinto che «un po’ di infrastrutture si possono far ripartire usando sistemi di finanziamento non convenzionali come il project financing e le partnership pubblico-privato».
Roberto Bagnoli
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