L’Argentina feudale

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Il nuovo attacco avvenuto il 10 ottobre a Paraje Simbol, nel nord della provincia di Santiago del Estero – proprio mentre è imminente la discussione su un progetto di legge per fermare gli sgomberi di terre appartenenti a comunità  rurali e indigene – mette a nudo la situazione quasi feudale in cui si muovono le autorità  locali e le grandi imprese. La realtà  è che in Argentina vige una legge a protezione dei territori indigeni, voluta dal Ministero per lo sviluppo sociale guidato da Alicia Kirchner: ma non viene applicata, come ci ha detto Carilà³ Olaiz, dirigente del Mocase raggiunto al telefono a Santiago del Estero. Ci ha detto anche che l’autore materiale dell’uccisione è perfettamente identificato, e anche l’impresa per cui lavora e le sue complicità  a livello del governo provinciale: ma la giustizia argentina non oltrepassa i limiti dei «feudi» dei latifondisti e dei loro alleati, dice Carilà³. Quel pomeriggio del 10 ottobre, racconta, Galvà¡n e altri contadini erano riuniti a lavorare nel recinto dei piccoli animali, cosa che è stata interpretata come un tentativo di impedire agli addetti di un’impresa, la Agropecuaria La Paz, di procedere con la costruzione di un recinto di filo spinato. Uno degli addetti dell’impresa, noto con nome e cognome, ha estratto allora un pugnale e ha colpito Galvan alla giugulare, lasciandolo morire dissanguato. Da tempo ormai uomini dell’impresa moltiplicavano le intimidazioni e minacce di morte a Miguel e alla sua famiglia. Oggetto della contesa è una superfice di 100mila ettari, che oggi la comunità  coltiva per il proprio sostentamento, e su cui l’impresa conta di coltivare soja. Si tratta di un territorio alla confluenza delle province di Santiago del Estero, Salta e il Chaco: dopo aver occupato le province di Buenos Aires, Santa Fe, Entre Rà­os, Corrientes e Cà³rdoba, la «frontiera della soja» entra nell’Argentina profonda.
Il movimento Mocase ha denunciato l’occupazione delle terre comunitarie da parte delle grandi imprese agricole, sia alla polizia di Monte Quemado, presso le autorità  giudiziarie e di fronte alle autorità  della provincia: irregolarità  documentate ed evidenti, e proprio due settimane fa dal Comitato di crisi della provincia di Santiago aveva constatato i fatti. Per questo gli attivisti contadini ora accusano direttamente il governatore provinciale Gerardo Zamora per non aver fatto nulla a difesa delle famiglie contadine. E’ urgente approvare quella legge per limitare gli sgomberi di contadini, insiste il Movimento nazionale contadino e indigena (Mnci, aderente alla Via Campesina): ma bisogna anche che il governo nazionale intervenga a proteggere la sicurezza delle famiglie contadine, o altrimenti anche quella legge diverrà  carta straccia. Perché, a un anno dalla morte di Cristian Ferreyra la violenza organizzata delle imprese resta immutata e la morte di Galvan ne è la conferma, ci ha detto Carilà³: «Il governo della provincia conosceva la situazione, ma non ha fatto nulla per fermare le bande armate». Ed è una violenza strutturale, aggiunge, insita nel «Plan agroalimentario» che promuove la crescita della produzione di soja e l’agrobusiness relativo: «Perché questa crescita si può fare solo espellendo i contadini dalla terra».


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