Tolto alla madre a 12 anni Un nuovo caso a Padova

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PADOVA — Quelle parole sono un tarlo, tornano alla mente ogni sera, quando il sonno tarda ad arrivare: «Signora, la aspetto oggi pomeriggio, venga con suo figlio». Chissà  quante volte si è poi detta: se non fossi andata… se avessi capito… «È successo qualcosa?» ha invece chiesto in quel momento. «Niente, non si preoccupi, va tutto bene».
Alle due e mezzo la signora era davanti all’ingresso dell’Unità  sanitaria locale dove le avevano dato appuntamento. Suo figlio, 12 anni, ha visto i carabinieri: «Che ci fanno qui, mamma?». «Faranno un giro d’ispezione» ha risposto lei tranquillizzandolo. Pochi minuti dopo il bambino era in una stanza, la madre in un’altra al piano di sopra. E attorno a loro c’erano tante persone a spiegare che per il bene del piccolo, così dicevano, era necessario staccare la spina degli affetti, che dal quel giorno in poi avrebbe vissuto in una comunità , a un’ora e mezza di strada dalla sua casa, dai suoi giocattoli, dai suoi amichetti e dalla sua mamma. Così è stato.
Uno strappo doloroso come quello di Leonardo, il bambino conteso fra i genitori e portato via a forza da scuola, nel Padovano. Stessa zona di questa seconda storia che conta un’altro punto in comune con quella di Leo: anche questa volta compare nelle carte il nome del perito dei giudici che ha suggerito l’allontanamento di Leonardo dalla madre, Rubens De Nicola. «È una coincidenza che le storie trattate da lui finiscano in modo così drammatico?» si chiede la mamma divisa dal suo bambino tre mesi fa.
In realtà  De Nicola era solo ausiliario del consulente tecnico scelto dal tribunale dei minori di Venezia: ha firmato una relazione sulla personalità  della signora e del padre del bambino (non sono sposati) stabilendo peraltro che nessuno dei due mostrava aspetti patologici.
«Mi hanno detto che io avrei manipolato il bambino e che lui ha gravi problemi psicologici» dice la madre del piccolo. «Ma non è vero, la verità  è che lui non voleva vedere suo padre, che assieme a lui non stava bene. Io non l’ho mai condizionato e credo che un bimbo abbia il diritto di essere ascoltato. È da luglio che non dormo e adesso dico grazie a Leonardo perché con il coraggio della sua ribellione è riuscito a portare a galla la tragedia che c’è sempre dietro alle storie come la sua». Magari ci sarà  anche lei stasera alla fiaccolata organizzata per Leonardo…
«Sono adulta e voglio essere rispettata, io chiedo soltanto questo. Voglio che i sentimenti di mio figlio contino qualcosa, non mi sembra di chiedere la luna. Adesso lo vedo una volta ogni quindici giorni e morirei se non potessi incontrarlo nemmeno così poco. Io so che quella mattina alla Usl, mentre era lontano da me, ha singhiozzato e implorato senza che nessuno lo ascoltasse. Era disperato al punto che avevano deciso di sedarlo. E per amor suo io stessa l’ho accompagnato in comunità , perché ha problemi di cuore, non può essere sedato. Non lo scorderò mai, siamo saliti su un furgone scortati come criminali e io avevo la morte nel cuore mentre provavo a dirgli che sarebbe andato tutto bene».
Notti e notti senza sonno, mille volte a riavvolgere il filo dei ricordi per capire se e cosa aveva mai sbagliato per meritare una decisione così drastica dei giudici. E adesso il terrore di fare un passo sbagliato, una leggerezza qualsiasi che possa compromettere ancora di più la situazione. «Io vivo solo per riportare a casa il mio bambino e per farlo riavvicinare anche a suo padre. È mi fa impazzire ricordare quel pomeriggio di luglio, il viaggio fino alla comunità , le parole di mio figlio. Mi ha detto “mamma aiutami ti prego”. Può una madre sopportare tutto questo?»
Giusi Fasano


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