Il Congresso blocca la «minaccia» di due aziende cinesi
«La Cina ha i mezzi, l’opportunità e le motivazioni per usare le sue compagnie di telecomunicazioni a fini malevoli nei nostri confronti», dice la commissione, secondo la quale Huawei e Zte – due colossi mondiali – «secondo le nostre informazioni non possono essere considerate libere dall’influenza di governi stranieri e quindi pongono una minaccia alla nostra sicurezza».
La decisione del Congresso rappresenta una svolta pesantissima, dati i forti legami che le due aziende in questione hanno con tutte le maggiori aziende di telecomunicazioni del mondo – Stati uniti compresi. In pratica, in principi fondamentali alla base del Wto vengono accantonati per motivi di sicurezza sulla base di sospetti e informazioni segrete: un principio che, se applicato universalmente, dovrebbe portare al bando di moltissime aziende americane da tutti i paesi del mondo, visti i legami che intrecciano grandi aziende americane globali come Boeing, Microsoft e moltissime altre con il governo e con l’apparato militare statunitensi.
Ma l’annuncio del Congresso rientra in un ormai palese sforzo globale dell’establishment politico americano di contrasto al crescere della potenza commerciale cinese. La stessa Huawei è stata messa sotto inchiesta per violazione dei brevetti. Solo poche settimane fa il presidente Barack Obama ha firmato un ordine per bloccare l’acquisizione di alcuni progetti di centrali eoliche in Oregon da parte di una ditta cinese, con la motivazione che le centrali dovevano essere impiantate non lontane da una base navale militare statunitense. La ditta cinese (Ralls Co.) ha citato in giudizio la Casa bianca, accusandola di abuso di autorità .
Non è ancora chiaro come reagiranno Huawei e Zte, sul terreno legale: entrambe le aziende hanno protestato vantando la loro immacolata reputazione su tutti i mercati mondiali e affermando che la decisione dei deputati americani è basata solo su motivazioni politiche. Data l’importanza dei soggetti in questione, non ci sarebbe da meravigliarsi se Pechino decidesse di far ricorso o di adottare misure di ritorsione contro aziende americane.
Related Articles
Petrolchimico, la rivolta di Gela “Troppi morti e bimbi malformati”
L´Eni sotto inchiesta per pesce al mercurio e acqua al benzene (La Repubblica, 11 novembre 2006, Pagina 29 – Cronaca)
Borse falliscono rilancio in quattro giorni bruciati 2300 miliardi di dollari
Piazze europee in calo, Milano giù dell’1,58% Pesa il nuovo scivolone del prezzo del petrolio
Ma i nuovi paradisi delle tasse stanno in Eurolandia