Ormai protestare costa un occhio, il dramma di Nicola Tanno

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Come in quella pubblicità  di molti anni fa, il governo di Mariano Rajoy cerca disperatamente di tappare le falle che si aprono su tutti i fronti con un nuovo rubinetto, ma ormai non riesce più a star dietro alle rivendicazioni catalane, alle sempre più incandescenti campagne elettorali nei Paesi Baschi e in Galizia, alle manifestazioni a Madrid, ai sindacati che annunciano il secondo sciopero generale dell’anno, alle minacce dei ministri tedeschi per il riscatto prossimo venturo, e ora all’Audencia Nacional, il tribunale che ha giurisdizione per i delitti più gravi, che si ribella ai suoi diktat e si rifiuta di incriminare i manifestanti del 29-S.
Esponenti di primo e secondo piano del Pp parlano apertamente di necessità  di «modulare» il diritto allo sciopero. Nicola Tanno ha drammaticamente provato sulla sua pelle come si «controllano» le manifestazioni. Ha perso un occhio l’11 luglio 2010 in una manifestazione, peraltro per la vittoria della Spagna ai mondiali di calcio. Una manifestazione repressa nel sangue dai Mossos d’Esquadra, la polizia locale catalana, che colpì Nicola in un occhio con una pallottola di gomma. Lui racconta la sua storia nel libro Tutta colpa di Robben (Edizioni Ensemble, 2012), presto in seconda edizione. Lo abbiamo incontrato in un bar di Barcellona. «Ho cercato di raccontare la Spagna di questi ultimi anni – racconta Nicola – credo che quello che mi è successo dia il senso di un’epoca: l’uso delle forze dell’ordine, la crisi della democrazia, l’ottimismo improvvisamente collassato».
Sembra ieri quando Zapatero diceva che la Spagna era nella Champions League dell’economia mondiale.
L’Italia affonda nella crisi da 15 anni. Quando Berlusconi vendeva fumo, gli italiani gli dicevano: Ma che stai a dì. Qui invece ci credevano tutti che la Spagna stava rinascendo. Il crollo è stato talmente forte che li ha trovati impreparati.
Come ha reagito il paese?
La crisi della democrazia da un lato ha spinto molti cittadini a scendere in piazza ma dall’altro ha evidenziato nella magistratura e nelle forze dell’ordine l’impronta autoritaria che non avevano mai perso. Gente come la delegata del governo di Madrid, che parla di limitare il diritto a manifestare, è proprio fascista. Il paese è chiaramente in una fase di arretramento. Credo di essere stato vittima dell’inizio di questa fase.
Paradossale che sia proprio stata una forza di polizia locale, come i Mossos, a essere protagonista di episodi di aggressività  come quello di cui sei stato vittima.
Io credo che i primi a esserne delusi sono proprio i catalani che dopo decenni di repressione culturale e militare pensavano di essere diversi. Invece, come mi hanno raccontato molti politici con cui ho parlato di quello che mi è successo, i criteri di selezione non sono stati sufficientemente severi. Per mettere insieme una polizia credibile in poco tempo si dovettero per forza abbassare i parametri psicoattitudinali.
Non credi però che di fronte a episodi di repressione brutale come quelli avvenuti qui per il 15-M, pochi mesi dopo il tuo incidente, o a Madrid dieci giorni fa bisogna considerare una responsabilità  politica?
Senz’altro. Il governo centrale è quello che ha cercato di indultare due volte 5 Mossos condannati per tortura, quello che il giorno dopo quelle scene agghiccianti di repressione attorno al Parlamento ha promosso il capo della polizia di Madrid. Il sistema politico spagnolo è impregnato di cultura autoritaria, compreso il Psoe. Per questo l’archivazione del caso contro i manifestanti del 29-S, in cui il giudice ha formulato un’inedita accusa di «decadenza» alla classe politica e un’esplicita critica alla polizia, ha sorpreso tanto.
Le foto delle cinque vittime delle pallottole di gomma (che da marzo sono sette, ndr) senza le loro protesi oculari sono esposte da mesi davanti al Museo d’arte contemporanea di Barcellona. La campagna «Barcellona può costarti un occhio della testa» ha avuto un grande impatto. E ora?
Mostrarci senza la nostra “maschera” serve per far capire di cosa sono capaci le armi. Dopo che il parlamento catalano si è rifiutato di istituire una commissione d’inchiesta sulle pallottole di gomma che la nostra associazione Stop bales de goma proponeva, ci dobbiamo concentrare sui processi. Nel mio caso il giudice ha chiesto l’archiviazione per l’impossibilità  di identificare chi ha lanciato la pallottola senza neppure interrogare i Mossos. Dobbiamo cercare di tornare ad attirare l’attenzione su questo tipo di arma.
Perché secondo te 3 su sette delle vittime in Catalogna sono italiani?
Non lo so, forse è una casualità . Forse è perché gli italiani sono una comunità  visibile, impegnata, o semplicemente molto presente nella società  catalana. Ma la cosa che mi indigna è che tre vittime italiane della stessa polizia e con la stessa arma non abbiano causato nessun interesse nel consolato italiano. Non una telefonata o una nota diplomatica. Nulla di nulla. La repressione La polizia spara senza limiti e rispolvera la sua tradizione autoritaria. Ma al governo non basta più: i popolari vogliono «rimodulare» perfino il diritto di sciopero


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