Arriva il nuovo Fondo salva-Stati Domani l’ok dell’Eurogruppo

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BERLINO — Arriva domani il lunedì della prova decisiva dell’eurozona. Il nuovo fondo salvastati Esm (European stability mechanism) sarà  varato, i ministri delle Finanze dei 17 paesi membri dell’unione monetaria saranno alla solenne cerimonia al numero 43 di avenue John F. Kennedy a Lussemburgo, la capitale del Granducato. Questa riunione dell’Eurogruppo non è un appuntamento ordinario: alla tesa vigilia della visita della cancelliera Angela Merkel nella capitale ellenica, occasione in cui si temono anche proteste violente, si avvicinano scadenze difficili, incertezze sulla Spagna permangono, e soprattutto pesano sul futuro dell’euro allarmi sempre più gravi e pessimisti per la Grecia, rilanciati e sottolineati soprattutto dai media tedeschi.
Nessun rinvio, né agevolazioni sono possibili per Atene, avverte nell’intervista che esce oggi su Bild am Sonntag Joerg Asmussen, rappresentante tedesco nel Board della Bce. La trojka (cioè i negoziatori di Unione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale che trattano con Atene vigilando sul rispetto dei brutali impegni di tagli e risanamento assunti) proseguirà  per altre due settimane le sue consultazioni con il governo del premier Antonis Samaras. Un’intesa non è in vista, nonostante i durissimi sacrifici per altri 14 miliardi di euro, i media tedeschi liberalconservatori e vicini al governo parlano — citando rapporti confidenziali della Trojka — di previsioni molto più cupe e pessimistiche del previsto per la repubblica ellenica. Un capofila dei falchi rigoristi, l’autorevole economista di Monaco Hans-Werner Sinn, parla di «uscita inevitabile di Atene dall’euro». Così si prepara la settimana, sempre sullo sfondo del pericolo di un peggioramento della crisi spagnola.
Vorremmo tenere Atene nell’eurozona, ma dipende da loro, ammonisce Asmussen. E il suo intervento è tanto più allarmante se si ricorda che tra i due rappresentanti tedeschi al vertice bce, egli, al contrario del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non è ritenuto un falco bensì una colomba, con posizioni vicine a quelle di Mario Draghi.
Sia un prolungamento della scadenza dei bond greci, sia un taglio degli interessi sul debito equivarrebbero a un condono sul debito, non concesso dallo statuto della Bce. E non è finita, ecco il peggio: il pagamento della prossima tranche di aiuti ad Atene in novembre non è un automatismo, insieme Asmussen. Se non arriverà , la Grecia andrà  in bancarotta. In questo clima pesante si attende il vertice di martedì tra Angela Merkel — salutata ieri ancora una volta dai media ellenici con copertine che la ritraggono in uniforme nazista e titoli che l’accusano di crimini di guerra — e Samaras. Il caos dei conti pubblici greci, secondo Welt am Sonntag,
è tale che nel 2020 il rapporto debito-prodotto interno lordo dovrebbe essere al 140 per cento, ben più alto del 120 per cento concordato con i creditori. Un accordo in extremis tra la Trojka (e dietro di lei Berlino) e Atene sembra l’unica speranza ma il tempo stringe prima della bancarotta annunciata di novembre. In questo contesto solo Klaus Regling, il tedesco che da domani guiderà  lo Esm, avverte che «un’uscita greca dall’euro sarebbe la più costosa tra tutte le soluzioni possibili»


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