Il Consiglio vota a San Vittore “Nasce il Garante dei detenuti”

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    IL CARDINALE Martini lo definiva «il cuore di Milano». Don Ciotti, lottando perché così non fosse, lo ha chiamato «discarica sociale». Per tanti è un quartiere della città , «è servizio pubblico», «termometro della civiltà  di un Paese». Da ieri San Vittore è anche il primo carcere in Italia in cui si è svolta una seduta perfettamente legale del

Consiglio comunale. Con tanto di consiglieri, sindaco, assessori, segretari e messi impegnati nel loro lavoro, e con un pubblico mai come questa volta interessato alla discussione: le detenute e i detenuti — una rappresentanza, almeno — i volontari e gli educatori che li seguono e gli agenti di polizia penitenziaria.
C’è voluto tempo, pazienza e rigore per avere le autorizzazioni necessarie, ma l’occasione — prima uscita fuori da Palazzo Marino, per il Consiglio — era importante: l’istituzione della figura del Garante dei diritti dei detenuti. Tante altre città  ce l’hanno (e ce n’è anche uno regionale e uno provinciale), Milano è arrivata ieri: ora toccherà  al sindaco Pisapia, in tempi rapidi, scegliere il nome giusto «fra persone di indiscusso prestigio e notoria fama nel campo delle scienze giuridiche, dei diritti umani e delle attività  sociali» (ma non potrà  essere né magistrato, né poliziotto, né avvocato), che per tre anni — in stretta collaborazione con l’assessorato alle Politiche sociali — dovrà  occuparsi di portare fuori dalle mura dei quattro istituti cittadini (San Vittore, Beccaria, Opera e Bollate, che rientrano nel perimetro milanese) la voce dei detenuti, la situazione delle carceri — il sovraffollamento dramla
matico che riguarda molti istituti, ad esempio — raccogliendo anche segnalazioni su presunte violazioni dei diritti di chi sconta una pena o è in attesa di processo (un numero altissimo, sul totale dei detenuti).
Trentacinque i consiglieri presenti, 34 i voti a favore, un consigliere astenuto, un paio gli interventi polemici (da Lega e Pdl, considerando anche i comunicati stampa degli assenti) perché «prima di pensare ai detenuti l’amministrazione dovrebbe pensare agli agenti della polizia penitenziaria che vivono in condizioni simili ai reclusi». Polemiche che fortunatamente non hanno velato l’emozione della giornata (il consigliere Mazzali di Sel, che con il radicale Cappato ha organizzato la seduta, si è commosso davvero durante il suo intervento), né smorzato la drammaticità  della seduta — per tanti consiglieri era la prima visita a San Vittore — al primo piano del IV raggio del carcere, chiuso da tempo immemore, come il II, e bisognoso di interventi radicali, per poter tornare ad ospitare qualcuno. Luigi Pagano, che ora è a Roma, vicecapo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dice che finalmente, nel 2013, partiranno i lavori al IV, e nel suo intervento batte, come altri, sulla
necessità  di qualificare il tempo trascorso in carcere «altrimenti è tempo che non serve». Amnistia, lavoro esterno, nuovi percorsi per le madri detenute, misure alternative, quelle che potrebbero abbassare di molto il tasso di recidiva ma che in Italia stentano ad essere applicate: nessuna novità  che se ne parli in carcere, ma grande novità  che ne parlino gli amministratori cittadini.


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