Ma già  adesso l’Italia è al vertice di Eurolandia 200 ore sopra la media

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ROMA — Dimezzare lo spread di produttività  con la Germania è il «sogno» del presidente di Confindustria. E per farlo sarebbe utile «lavorare qualche ora in più», suggerisce Squinzi. Sì, ma quante ore? «Se vogliamo recuperare il 10%, si fa presto a fare i conti». Ma poi i conti non li fa. E in effetti non è così agevole farli.
MESSICO-NORVEGIA
A leggere i più recenti dati Ocse emerge subito un paradosso. Nella classifica dei 34 Paesi membri, il lavoratore messicano è al top per ore annue dedicate al suo impiego, ma ultimo in produttività . Indefesso, sebbene poco efficace. Al contrario, il collega norvegese è il più produttivo in assoluto, un superman nel suo campo. Ma in compenso è al terzultimo posto per ore di lavoro. Molto tempo libero e grande contributo al Pil nazionale. Un vero sogno. E in Italia?
GLI STAKANOV
L’italiano lavora tantissime ore: 1.774 in un anno, in media Ocse (1.775), ma ben 200 ore sopra la media dell’Eurozona (1.573) e addirittura 363 aggiuntive rispetto ad un tedesco. Con ritmi analoghi all’operoso giapponese (1.728). Eppure la sua produttività , che l’organizzazione parigina calcola come Pil
per ora lavorata, stenta. Nel 2011 erano 45,6 dollari contro quasi il doppio della prima della classe, la Norvegia (81,5), che però totalizza il 20% di ore in meno, al livello della “virtuosa” Germania. Ore lavorate e produttività , a quanto pare, non si muovono nella stessa direzione: aumentare le prime non sempre spinge la seconda. Anzi, l’opposto. Perché?
TRE VIE
Lo spiega la stessa Ocse nel Rapporto sull’Italia di qualche giorno fa. Se il Pil italiano è in picchiata dal 1995 è per la scarsa crescita della produttività , «il cui
tasso è tra i più deboli». La crisi c’è per tutti. Eppure non solo la Germania, ma tutti i Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) nel biennio 2010-11 hanno fanno meglio di noi. E questo ci penalizza in termini di competitività . Per rafforzarla, suggerisce l’Ocse, ci sono tre strade: moderazione salariale, produttività  più forte, meno tasse sul lavoro. In particolare, comprimere il cuneo fiscale e chiudere contratti di secondo livello contribuirebbero, per l’Ocse, a mettere più soldi in tasca ai lavoratori, legando
la busta paga alle performance. Accrescere le ore, però, non sembra una soluzione. Se non si investe in tecnologia, ricerca e sviluppo, aggiungere 60 o 120 minuti in più al giorno rischia di non sortire effetti.
GLI AUTONOMI
Se le ore lavorate sono così elevate in Italia, lo dobbiamo anche al contributo degli autonomi, il 22% del totale dei lavoratori, che certo dedicano alla professione più tempo dei dipendenti. Percentuale altissima e piuttosto rara in Europa (14% in media), dove siamo superati solo dalla Grecia (30%). Ma allora perché il Pil non cresce?


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