Farina confessa: l’ho scritto io. Mentana: infame

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MILANO — «Un vile. Mi trattano come un vile, mi creda. Invece io sono solo stanco di far del male. Stanco di danneggiare le persone». Renato Farina, 57 anni, alias Agente Betulla, alias Dreyfus, parla lentamente, quasi a cercare le parole in una mattinata che definire convulsa è dire poco.

In Aula alla Camera il deputato del Pdl ha appena annunciato che è lui l’autore dell’articolo per il quale il direttore del Giornale è stato condannato. È lui Dreyfus. Ha detto: «Chiedo umilmente per Alessandro Sallusti la grazia al capo dello Stato o che si dia spazio alla revisione del processo. Se qualcuno deve pagare per quell’articolo, quel qualcuno sono io».
Ma già  mercoledì sera Vittorio Feltri, a «Porta a Porta», aveva fatto il suo nome. Nome che circolava da tempo, senza però mai essere stato ufficializzato. Ieri, dunque, è stato il giorno dell’outing. Renato Farina ha deciso di parlare, esponendosi, ma la sua confessione è già  un caso mediatico. Su Twitter è tra i temi più gettonati. E gli attacchi non mancano, anche di personaggi noti. Come quello sferrato da Giancarlo Lehner, deputato di Popolo e territorio, che ha definito «sgradevole e non del tutto sincera la sua confessione. Se non voleva solo egoticamente spettacolarizzarsi, ma dare sul serio una mano ad Alessandro Sallusti, avrebbe dovuto essere più tempestivo, attribuendosi, quanto meno dieci giorni fa, la paternità  del corsivo incriminato. Quando un amico è in pericolo bisognerebbe essere altruisti e non egocentrici». E anche il direttore del tg di La7, Enrico Mentana, lo critica in 140 caratteri su Twitter: «Renato Farina confessa: “L’articolo l’ho scritto io, me ne assumo tutta la responsabilità  morale e giuridica”. Oramai è troppo tardi, infame».
Farina sembra incassare con rassegnazione: «Ho agito con coscienza e sono pronto a pagare i prezzi giuridici che pure possono esserci. So che mi sono esposto al rischio di incomprensioni, e devo dire che mi sembrano del tutto ingiuste». Sul perché abbia deciso di parlare soltanto adesso, l’ex Agente Betulla (prima radiato e poi dimessosi dall’Ordine dei giornalisti), è chiaro: «Lo sapevano tutti che ero io, Dreyfus. L’ho persino scritto nel mio libro. Ma nel momento in cui la Cassazione poteva solo esprimere un giudizio di legittimità , dire che Dreyfus ero io significava consegnare Sallusti nelle mani dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, ai quali lui aveva già  dichiarato che io non c’entravo. Dirlo adesso o prima non cambiava». Sarà . Ma proprio Feltri, in tv, ha usato parole durissime rispetto al suo silenzio: «Avevo sperato che avesse lui il coraggio di farsi avanti. Adesso questo nome voglio farlo io, lo fanno molti. Ma è bene che sia conosciuto da tutti: si tratta di Renato Farina». A telecamere spente, secondo quanto rivelato da Dagospia, Feltri ha poi aggiunto: «L’ho difeso tutta la vita, speravo che avesse un minimo di coraggio, invece è un vigliacco. Speravo si prendesse le sua responsabilità . Non si è verificata né una cosa né l’altra».
Farina non vuole commentare il fuorionda dell’amico di sempre: «È un patto tra noi: ci atteniamo sempre ai fatti. Quello che posso dire è che Sallusti e Feltri mi hanno sempre aiutato nel momento del bisogno. E io… Beh, gli ho combinato bei casini. Se sono stufi di me? Feltri mi ha detto: tu sei come Attila, dove passi non cresce più l’erba. Peccato che io faccio sempre tutto a fin di bene, sono sempre in buona fede». Anche l’articolo incriminato? «Ma certo. Cosa crede? Io ho ricevuto la cronaca dell’episodio e mi hanno chiesto di commentarla. L’ho fatto, basandomi sul pezzo del collega, che salvo prova contraria ritengo sempre giusto. Cosa dovevo fare? Me lo dica… No, no, oramai mi sento in un’armatura che mi deforma. Qualunque cosa faccio e dico è deformata dal pregiudizio, magari anche meritato, che mi porto dietro. L’espulsione dall’Ordine per il caso Abu Omar pesa eccome. Io vorrei solo tornare a riavere il mio tesserino, tornare a fare il mio lavoro, il giornalista. Invece adesso sono trattato come un paria. Sono caduto in un tombino e chi passa si diverte a guardarmi tutto insozzato. Faccio senso, ma nessuno mi aiuta».
Con il direttore dimissionario del Giornale, Farina dice di essersi solo messaggiato: «Sallusti non parla tanto al cellulare, sa… Ma gli ho fatto sapere che ero pronto a fare tutto quanto dovevo. Non è arrabbiato con me, non credo almeno. Se ho avvisato lui e Feltri che volevo parlare? Ah, no, mi avrebbero sicuramente detto di non espormi. Mi dicono, poi, che potrebbero essersi stufati di me… Può darsi… Se così fosse, che devo fare? Cercherò di reggere il colpo».


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