Il rischio del mercante

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Le informazioni sui costi e i benefici devono essere chiare e abbondanti e i percorsi trasparenti e democratici, soprattutto preliminari alle scelte. Conosciamo poco i sistemi naturali ed è «scarsissima la nostra comprensione della enorme complessità  dei sistemi umani, necessaria per gestire e conservare le infrastrutture essenziali della vita moderna» (John Casti, “Events”, 2012). Nell’era globale le conseguenze del rischio sottovalutato mettono in ginocchio stati e popolazioni. E’ un paradosso poi che mentre si minimizzano effetti che possono essere letali per miliardi di persone, si intensifichi la politica della paura: ossessione sicurezza, medicalizzazione della vita, igienismo isterico… (Ulrich Beck). Il rischio coinvolge libertà , rispetto, coscienza civile, democrazia e altro ancora ma per gli operatori della finanza, ad esempio, grandi esperti dell’innovazione che tanto fa guadagnare, questa complessità  è solo un intoppo escogitato da umani poco adrenalinici. In fondo l’ingegneria finanziaria contrasta la «noia» delle normali operazioni di banca: raccogliere il risparmio, dare soldi alle piccole e medie imprese, investire informando… Secondo il matematico Benoit Maldembrot la finanza calcola male il rischio perché elabora previsioni solo per i tempi buoni, come costruire navi non tenendo conto degli uragani o di eventi improvvisi e navigare senza guardare il bollettino meteo. Ottimismo cieco. Nouriel Rubini, l’economista più noto tra i pochi che hanno previsto la Grande Crisi in arrivo, analizza in dettaglio il ruolo enorme che hanno avuto gli operatori formati dal modello anglosassone di capitalismo sfrenato, convinti della autoregolazione dei mercati, sicuri di non pagare le conseguenze dei loro comportamenti rischiosi (N.R., Stephen Mihm, “La crisi non è finita”, 2010). Protagonista in particolare il sistema finanziario ombra senza regole, nato dopo le prime restrizioni (Basilea I), al quale hanno contribuito le grandi banche, trasformate in colossali hedge fund. La remunerazione in larga parte con bonus legati a utili sul breve periodo, innovazioni finanziarie con profitti stratosferici, cartolarizzazioni che spostano il rischio altrove, hanno accentuato la propensione a rischiare di banchieri, broker ipotecari, trader. Ma determinante è stata l’impunità : gli agenti finanziari hanno preso rischi che tenderebbero ad evitare senza la certezza che le conseguenze negative del loro comportamento imprudente sarebbero state a carico di altri (moral hazard). Tendenza rafforzata dopo il salvataggio con i soldi dei contribuenti. Goldman Sachs, secondo Rubini una minaccia per il solo fatto di esistere, andrebbe ridimensionata, invece è di nuovo in affari con «complesse operazioni speculative su titoli, obbligazioni, materie prime e derivati»”.


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