Slitta il nuovo piano Fiat ora diventa un po’ più americana
ROMA — Il progetto Fabbrica Italia è morto ma non ce ne sarà un altro. Almeno non per ora. Il cda convocato per il 30 ottobre esaminerà i conti del 2012 ma non indicherà il futuro produttivo dei cinque stabilimenti italiani. Tutto fermo fino al 2014. Il governo, intanto, è al lavoro sugli incentivi all’export.
Navigare a vista. Questo è ritornato ad essere il motto della Fiat dopo il vertice di sabato a Palazzo Chigi. Tradotto vuol dire: nessuna sostituzione del defunto progetto “Fabbrica Italia” da 20 miliardi di investimenti. Insomma il Consiglio di amministrazione del gruppo convocato per il prossimo 30 ottobre esaminerà i conti del terzo trimestre del 2012 ma non dirà quale potrà essere il futuro produttivo dei cinque stabilimenti italiani. Tutto fermo fino almeno al 2014 quando il mercato — secondo l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne — potrebbe dare segnali di ripresa.
D’altra parte nessuno crede a un cambio di prospettiva. «Non è cambiato nulla», ha commentato il leader della Cgil, Susanna Camusso. «Il caso resta aperto», ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. E dubbi sono arrivati da Angelino Alfano (Pdl) e da Pier Ferdinando Casini (Udc). Freddo Luigi Angeletti (Uil). Unica eccezione Raffaele Bonanni (Cisl): «I gufi sono stati smentiti ».
Da oggi i tecnici del ministero dello Sviluppo apriranno il dossier incentivi all’export. Perché Marchionne ha detto che non chiuderà le fabbriche ma le userà per produrre per il mercato americano dove solo la Chrysler ad agosto ha segnato un + 14 per cento rispetto ad un anno prima. Dalle piattaforme italiane usciranno auto per gli americani: la Fiat chiede una riduzione dei costi di produzione per compensare i dazi doganali che dovrà sostenere Oltreoceano. Non è ancora chiaro quali saranno le carte che potranno essere giocate e che siano anche compatibili sia con le regole europee sia con quelle del Wto (l’organizzazione mondiale del commercio). Il Lingotto ha ipotizzato, tra l’altro, una riduzione del cuneo fiscale magari facendo leva su un taglio dell’Irap per i prodotti destinati all’export. Si studiano anche facilitazioni sul credito. Va da sé che non potrà essere un pacchetto tagliato su misura per la Fiat. E serviranno risorse. Anche per sostenere l’eventuale patto per la produttività tra sindacati e Confindustria di cui potrebbe beneficiare la stessa Fiat, con gli sgravi sulla retribuzione collegata ai risultati aziendali così come sugli straordinari. Per mantenere gli impianti fermi (le agevolazioni per l’export sono ancora tutte da scrivere) ci sarà bisogno ancora di tanta cassa integrazione. Il sostegno al reddito dei lavoratori, non può che essere il corollario del patto di collaborazione tra il governo di Monti e il manager del Lingotto. Ha detto Pier Luigi Bersani, segretario del Pd. «Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga tutto aperto. Al tavolo c’era un convitato di pietra e cioè una nuova stagione di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva sicura».
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