Un sicario e tanti misteri quei sospetti eccellenti sull’omicidio Vassallo
POLLICA (SALERNO). CHI ha ucciso Angelo Vassallo, il sindaco pescatore del Cilento? Quale è stato il vero movente di un omicidio così inatteso in un territorio immaginato lontano dal delirio criminale di Napoli? Perché a due anni dalla sua morte nessuno ne parla più? Forse perché è un delitto che nasconde
tanto e fa paura a tanti.
QUESTA è una di quelle storie italiane che qualcuno vorrebbe mantenere al coperto, sprofondarla da qualche parte e dimenticarla per sempre. Al principio sembrava solo una brutta vicenda di spaccio ambientata in fondo alla provincia salernitana, i fatti raccontano invece che non si può confinarla
dentro un piccolo e sciagurato affare di paese. Troppi sospetti rimasti solo sospetti, troppi personaggi lasciati nell’ombra, troppe voci su colonnelli e generali dell’Arma, troppe coincidenze e troppi indizi per non avvertire l’omicidio Vassallo come un delitto eccellente anche se generato in una Campania felicissima, Pollica, 2200 abitanti, borgo famoso per le sue acque trasparenti da conquista ripetuta di Bandiere blu o di Cinque vele e poi per l’esecuzione del suo amatissimo sindaco, un’antica militanza nel Pd e quattro mandati con il cento per cento dei voti all’ultima rielezione, uomo di mare, ambientalista, una guida per tutto il Cilento.
Un solo killer. Nove colpi di pistola, una calibro 9,21. È il 5 settembre del 2010. Da quel momento dell’omicidio di Angelo Vassallo si sa tutto e niente. Mai trovati i mandanti e mai trovati gli esecutori. Basta però ripercorrere gli avvenimenti per raccontare cos’è e cosa non è il delitto di Pollica. Basta metterli insieme per capire che il sindaco non l’hanno voluto morto balordi solitari. Chissà cosa ha visto e cosa ha scoperto Angelo Vassallo per morire ammazzato in una sera di fine estate.
LA DROGA E I DEPISTAGGI
L’inchiesta si orienta subito su un traffico di coca che il sindaco intercetta. In paese, il maresciallo dei carabinieri dell’epoca non va mai al di là dell’ordinaria amministrazione, uno dei fratelli di Vassallo – Claudio – denuncerà : «Angelo mi aveva detto che personaggi delle forze dell’ordine erano in combutta con persone poco raccomandabili». È solo il sindaco che indaga sul giro di droga. Un paio di giorni prima del 5 settembre Vassallo – nel frattempo scopre che Francesco Avallone, il fidanzato della figlia, fa uso di stupefacenti – affronta al porto gli spacciatori. Precedentemente ha chiesto l’intervento dei carabinieri sui moli, i militari non si presentano per un “disguido”.
Lo spaccio a Pollica è gestito da quattro o cinque ragazzi, fra i quali Bruno Damiani detto “il brasiliano”, un altro detto “il fantino” e un altro ancora detto “il lercio”. Damiani è il primo sospettato per l’omicidio, gli fanno l’esame dello stube per rintracciare polvere da sparo sulle sue mani ma l’esito è negativo. Lo rilasciano. Subito dopo “il brasiliano” fugge. È ancora latitante per droga, in Sudamerica.
Quando la pista della coca s’impantana ecco che cominciano a circolare le solite infamità sulla vittima, cominciano i depistaggi. Si segue un’improbabile ipotesi di “delitto passionale” e intanto il procuratore capo di Salerno Franco Roberti, che eredita per competenza l’inchiesta dai colleghi di Vallo della Lucania, si accorge che la scena del crimine non è stata “adeguatamente preservata”.
UN COLONNELLO SULLA BOCCA DI TUTTI
C’è chi dice che a “guastarla” sia stato anche il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, comandante del nucleo operativo di Castello di Cisterna e in quei giorni in vacanza a Pollica. Il colonnello, subito dopo l’omicidio, smonta di sua iniziativa tutte le telecamere puntate sul porto. Perché? Il procuratore Roberti lo difende, spiega che con quella decisione il colonnello ha salvato – al contrario – le registrazioni filmate. E poi la procura acquisisce anche una dettagliata “relazione di servizio” di Cagnazzo, praticamente il punto di partenza delle indagini.
Gira anche un’altra voce a Pollica: il paese è stata scelto dal colonnello come “località protetta” per dare riparo ad alcuni pentiti di camorra. Nessuno conferma. Poi qualcuno, ai familiari del sindaco dice: «Cagnazzo è coinvolto nell’omicidio ». Quel qualcuno è un agente immobiliare, Luca Cillo, il figlio di un carabiniere che negli ultimi mesi frequenta spesso Angelo Vassallo. Il colonnello lo aggredisce. L’agente immobiliare lo denuncia per lesioni, Cillo è indagato per calunnia.
I SOCI E LA “FIGLIA KILLER” DEL GENERALE
Il sindaco Vassallo ha anche contrasti con il generale in pensione Domenico Pisani – ex capo di stato maggiore dell’Arma dei carabinieri fino al 1997, un pezzo grosso originario del Cilento – per una mancata autorizzazione di uno stabilimento balneare agli Esposito di Portici, imprenditori che dalle parti di Pollica gestiscono quattro locali della movida e grazie a una grande liquidità ne cercano altri da acquistare. Una circostanza come tante, se non fosse per il destino. Quasi un anno dopo l’omicidio del
sindaco, la sera del 29 maggio del 2011, la figlia del generale Ausonia “Sonia” Pisani viene accusata di avere ucciso insieme al suo compagno Sante Fragalà – un catanese dal passato ambiguo e trapiantato nel sud pontino – due complici in una casa ai Castelli Romani durante un “ragionamento” per la spartizione dei territori di spaccio. Sonia è vigile urbano ad Albano Laziale – «La vigilessa killer», titolano le cronache – il suo processo per duplice omicidio inizierà in Corte di Assise a Roma il prossimo 12 novembre. Alla Pisani sequestrano anche una calibro 9,21, proprio come quella usata per uccidere il sindaco. In un primo
momento si diffonde la voce di un collegamento fra la strage ai Castelli e l’omicidio Vassallo, poi viene smentita. In un secondo momento si diffonde la voce – dai controlli sulla “cella” telefonica della vigilessa – che la sera del 5 settembre del 2010 Sonia si trovasse insieme al compagno catanese proprio a Pollica. Un’altra smentita. Sui Pisani si dice tutto e il contrario di tutto.
IL CARABINIERE SORDO
C’è un ultimo carabiniere che entra in questa ragnatela. È quello che soggiorna la sera del 5 settembre del 2010 a pochi metri dal luogo dell’uccisione di Vassal-
lo. Il suo appartamento ha le finestre aperte per il caldo, ma lui dice di non avere sentito i nove colpi di pistola e di non avere visto nelle tre ore successive – non si è mai affacciato, sostiene – i fari ancora accesi dell’auto del sindaco. Due giorni dopo l’omicidio Vassallo, il carabiniere scompare per sempre da Pollica. Con i suoi segreti.
UN CASO DIFFICILE
«Quando il delitto è di un certo livello, è più difficile scoprire i responsabili e c’erano più persone che avevano interesse all’eliminazione del sindaco», dichiara
qualche giorno fa il procuratore capo Franco Roberti. È lui che ha fatto ripartire l’inchiesta. E l’ha affidata – non a caso – al reparto operativo dei carabinieri di Salerno, investigatori di primissimo ordine che si ritrovano a indagare su altri carabinieri. Un’indagine complicata, disseminata di indizi contro ufficiali dell’Arma, coincidenze perfino esagerate, come se qualcuno le avesse “costruite” per trascinare colonnelli e generali intorno al cadavere del sindaco. Sono passati due anni e l’omicidio di Pollica non ha ancora colpevoli. Come per i delitti eccellenti.
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