Fiat, Fornero convoca i sindacati Volkswagen: Alfa Romeo? Ci piace

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L’idea è probabilmente quella di rassicurare i sindacati che sono in fibrillazione e chiedono chiarimenti: «Spero che il governo abbia la forza di chiedere a Fiat la verità » ha affermato il leader della Cgil, Susanna Camusso, con riferimento ai 20 miliardi di investimenti previsti nel piano Fabbrica Italia che Fiat sembrerebbe non voler confermare. Anche per il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, è il momento di mettere le carte in tavola: «Fiat riconfermi i suoi impegni in Italia e un patto per sviluppare la ricerca di prodotti nuovi».
«L’accordo tra Fiat e sindacati funziona solo se si fanno gli investimenti» ha avvertito il segretario della Uil, Luigi Angeletti. Mentre Raffaele Bonanni della Cisl ha invitato il governo a offrire «più efficienza nei sistemi infrastrutturali» in cambio di un impegno del gruppo.
L’idea che a palazzo Chigi sabato si possa andare al di là  del chiarimento, fino a intavolare una trattativa tra Monti e Marchionne è molto diffusa, ma è difficile immaginare su cosa.
Il governo ha già  chiarito la posizione sulla Fiat nel precedente incontro, a metà  marzo, quando Monti, allergico al dirigismo, si guardò bene dal parlare di «aiuti». Aiuti a proposito dei quali il ministro per le Politiche Ue, Enzo Moavero Milanesi, ieri ha detto in linea generale che sono vietati dall’Ue salvo deroghe. Aiuti che Fiat in passato ha accettato, se è vero quello che la Cgia di Mestre ieri ha stimato, cioè che il gruppo dal 1977 avrebbe ricevuto 7,6 miliardi dallo Stato, investendone 6,2 miliardi, al netto dei contributi alle ristrutturazioni e degli ammortizzatori sociali.
L’ad della Fiat, d’altra parte, è stato molto chiaro nell’intervista a la Repubblica: non vuole incentivi, non vuole fare investimenti in un periodo di grossa crisi del mercato e, solo «per senso di responsabilità » nei confronti del Paese, non propone «chiusure di stabilimenti», come i soci americani auspicherebbero. Insomma l’idea del manager sembra quella di un galleggiamento che duri fino al 2014 perché prima Marchionne non prevede una ripresa. E per far questo gli ammortizzatori sociali in campo per i quattro stabilimenti ci sono già  tutti, finanziati con i contributi di Fiat e dei lavoratori.
E allora dove sarebbe lo scambio? A marzo Monti ebbe a chiarire che «la Fiat non ha nessun dovere di ricordarsi solo dell’Italia» se non ci sono le condizioni, citando tra queste «la produttività  e la flessibilità ». Ed è dunque questo che il governo potrebbe offrire rilanciando la trattativa sulla produttività  e, chissà , rimettendo mano alla riforma Fornero.
Tutto questo in cambio di un impegno della Fiat per il dopo-crisi. In assenza di rassicurazioni, il governo potrebbe verificare la disponibilità  di Fiat a cedere uno stabilimento alla concorrenza. Ma proprio ieri la Toyota ha smentito ogni mira, mentre la Volkswagen, sondata su un interesse per Alfa Romeo, ha risposto: «Non è un segreto il fatto che riteniamo Alfa Romeo un marchio interessante. Ma si può star sicuri del fatto che con 12 marchi abbiamo già  abbastanza da fare». Il gruppo tedesco parla di «marchi», dunque e non di stabilimenti. Almeno per ora.
Antonella Baccaro


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