Sorpresa, il primo partito è Grillo più Di Pietro. 5 Stelle al 18 per cento, Idv al 7,5

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Mentre B. latita ancora, il Pd si spacca tra Renzi e Bersani (che litiga con Casini e annuncia che non si ricandida a segretario) e l’ex Terzo Polo implode, le accuse di populismo non fermano M5S Altro che Monti-bis o Grande Coalizione con la benedizione del Quirinale. Movimento 5 Stelle e Italia dei Valori già  oggi, insieme, sono il primo partito in Italia. Gli ultimi sondaggi dispensano numeri da brividi per la casta della Seconda Repubblica. Prima puntata di Ballarò, martedì sera. Al programma di Giovanni Floris su Raitre, Nando Pagnoncelli dispensa le nuove cifre dell’Ipsos sulle intenzioni di voto. I grillini, nonostante un leggero calo, sono al 17,9 per cento. Terzi dopo Pd, al 25,4, e Pdl, al 21,9. Ma la sorpresa arriva dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro: 7,5 per cento. In pratica, l’Idv sembra aver frenato l’emorragia di voti verso il M5S. E così le due formazioni, se unite, potrebbero andare diritte al governo dopo le elezioni. Anche con questo sistema elettorale, il Porcellum, che prevede un premio di maggioranza che fa salire al 55 per cento (340 seggi alla Camera) la coalizione vincente. La loro percentuale, secondo l’Ipsos, è del 25,4, la stessa del partito di Pier Luigi Bersani, che tutti danno per favorito. Il primato di Grillo e Di Pietro è uno schiaffo sonoro a quanti, da Giorgio Napolitano in giù, collocano con sdegno e paura M5S e Idv nel recinto dell’antipolitica e del populismo. Addittura il piddino Luciano Violante ha teorizzato la nascita di un nuovo arco costituzionale per escludere questi due movimenti dall’area di governo, come accadde con il Msi di Giorgio Almirante nella Prima Repubblica. DALL’IPSOS ALLA SWG di Roberto Weber la somma non cambia ed è ancora vincente, seppur più bassa: grillini al 18,5 per cento e Di Pietro al 4. Totale 24,5, mezzo punto in più del Pd. Ipr Marketing, per La 7, fornisce invece un quadro aggiornato a settembre della composizione del voto al Movimento 5 Stelle. La provenienza è calcolata dalle politiche del 2008 a oggi. Su cento elettori del M5S, 25 sono dell’area del non voto, 24 del Pd, 23 del Pdl, 9 dell’Idv, 9 dei cosiddetti “altri”, 7 della Lega, 3 della Sinistra Arcobaleno (oggi Sel). Sostiene Antonio Di Pietro: “Tutti i giorni, anche oggi (ieri per chi legge, ndr), molti esponenti di Pd, Pdl e Udc in privato mi fanno ossessivamente la stessa domanda”. Questa: “Cosa c’è di vero nella lista dei non allineati che vuoi fare con Grillo? ”. Continua il leader dell’Idv: “Questa prospettiva sta provocando un terrore enorme. Anche per questo non sanno come cambiare il Porcellum. Vogliono imbrigliarci ma non c’è alcuna legge elettorale che li garantisca. Noi vinceremmo lo stesso, anche con il proporzionale”. L’alleanza tra Grillo e Di Pietro al momento resta però una suggestione forte. Il M5S continua a rifiutare apparentamenti anche se qualche spiraglio si può cogliere nelle ultime parole del comico genovese registrate dal Corriere della Sera sull’ex pm: “Brava persona, onesta. Ma non sapeva usare la Rete. È venuto a parlarmi, gli ho presentato un amico, un esperto, ed è passato dal 4 all’8 per cento ma poi è rimasto all’interno di un sistema marcio e così gli capitano gli Scilipoti, per questo non potremo mai metterci d’accordo. Ma è l’unico che salvo, sarebbe un buon ministro dell’Interno o anche il presidente”. Già  un governo Di Pietro. Dice ancora il leader dell’Idv, che ieri ha annunciato di non voler togliere il suo nome dal simbolo: “Mi sento spesso con Grillo e Casaleggio, due persone che stimo tantissimo. Il mio, voglio specificarlo, è un confronto personale e continuo. Ma adesso non voglio tirare nessuno per la giacca, non voglio mettere in imbarazzo nessuno. Non è ancora il momento, vediamo prima quale legge elettorale verrà  fuori”. L’idea di una lista dei non allineati è stata maturata da Di Pietro a luglio: M5S, Idv e anche Sel di Nichi Vendola. Oggi il quadro è un po’ mutato, anche se proprio l’altro giorno Idv, Sel e Fiom hanno presentato il referendum contro la riforma Fornero. Al posto di Vendola, che difficilmente mollerà  il Pd di Bersani, potrebbe inserirsi il movimento arancione di Luigi De Magistris. I rapporti tra Grillo e il sindaco di Napoli sono pessimi ma un dialogo nel segno della ragion di governo, senza personalismi, sarebbe possibile, almeno da parte della lista arancione. Perché il punto che muove i ragionamenti a cavallo tra dipietristi e grillini è questo: dopo le amministrative, basta soltanto vincere senza porsi il problema di governare? NEL FRATTEMPO sia Grillo sia Di Pietro devono risolvere notevoli problemi interni. Per il primo si tratta di sciogliere il nodo della democrazia interna con il caso Favia, il secondo a Vasto il 20 settembre dovrà  affrontare i dissidenti filoPd e Napolitano e antigrillini capeggiati da Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv a Montecitorio. Anche per questo, ufficialmente, Di Pietro continua a giocare nel campo classico del centrosinistra e insiste sull’area riformista con Pd e Sel ma poi aggiunge: “Pensate che succederebbe se partisse una lista dei non allineati, potrebbe davvero vincere. È solo una battuta perché Grillo andrà  da solo”. Una battuta per il momento. Ma i numeri sono lì, sotto gli occhi di tutti.


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