Ecco le vere condizioni di Berlino su spese e acquisti dello scudo euro

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Le toghe (letteralmente) rosse della Corte costituzionale tedesca hanno stabilito che il Parlamento deve sapere tutto ciò che viene deciso per salvare l’euro e i suoi Paesi più indebitati, perché lì è la sede della sovranità  popolare. Nessun rischio di perdite patrimoniali affrontato dal governo tedesco per salvare gli altri Paesi dell’euro è ammissibile senza un via libera, per niente formale, da parte dei deputati. Per questa ragione, questi ultimi devono poter disporre di un quadro chiaro della situazione.
In realtà  già  in passato il Bundestag, nel votare il salvataggio dell’Irlanda e poi quello delle banche spagnole, aveva diffuso sul web dettagli vitali che i governi di Dublino e Madrid stavano nascondendo ai loro elettori. Ma stavolta è tutto più formale e soprattutto in contraddizione con il dettato dell’Esm, il fondo europeo per i salvataggi sulla cui costituzionalità  la Corte di Karlsruhe era stata a pronunciarsi da molti ricorsi. All’articolo 34 il trattato dell’Esm fra i 17 Paesi dell’euro fissa quello che definisce il «segreto professionale» dei negoziatori europei. Ministri e ex ministri, membri presenti o passati dell’Esm che avrà  un capitale sottoscritto da 700 miliardi di euro, «sono tenuti a non divulgare informazioni protette dal segreto professionale». Per esempio: quanti titoli spagnoli avranno comprato, a quali prezzi, di quanto saranno in perdita o in profitto ai prezzi correnti. Ma Karlruhe puntualizza che questi sono soldi dei cittadini contribuenti, non una liberalità  dei governi. Al punto 5/5 (130) della sua sentenza di ieri conferisce alla commissione bilancio del Bundestag il potere di eliminare a maggioranza il «segreto professionale» dei ministri, e non è difficile immaginare come finirà .
Chi non ama l’idea che per saperne di più dipenderemo da un palazzo prussiano in pietra nera, dal tetto bombardato e rifatto in cristallo, può riflettere a quanto segue: il massimo dell’esposizione tedesca sull’Esm è di 190 miliardi, quella totale sui salvataggi è di 420 (inclusi il primo pacchetto Grecia, più il primo fondo europeo Efsf) e i firmatari di ricorsi contrari alla Corte costituzionale di Karlsruhe sono stati 37 mila. E l’Italia? La soglia di esposizione all’Esm è di 125 miliardi, quella totale è di 277 e i firmatari di ricorsi alla Consulta sono stati zero. Lo furono anche nel 2008, quando nella distrazione generale la Banca centrale europea prestò 130 miliardi alla Germania per salvare la banca EuroHypo. Anche per questo, da ieri il Parlamento italiano ha meno prerogative del Bundestag.
Ma appunto se il controllo dell’informazione conferisce centralità  e potere, quel passaggio della sentenza di ieri ne è la sintesi perfetta. La Corte tedesca conferma che in democrazia non si può ignorare la sovranità  del popolo. Poiché la cancelliera Angela Merkel si è battuta perché in luglio i due terzi del Bundestag votassero per il fondo, la Corte su questa espressione della volontà  popolare ha basato il suo via libera. Ma ha anche avvertito che qualunque sfondamento del tetto di esposizione tedesca sull’Esm oltre i 190 miliardi dovrà  passare per un nuovo voto del Bundestag.
Di qui i paletti della Corte: se la Spagna, l’Italia o qualunque altro Paese dovessero richiedere programmi d’aiuto molto grandi, tali da spingere la Germania oltre la soglia dei 190 miliardi, la Camera bassa in Germania dovrebbe prima dare disco verde. Il governo non può impegnarsi ad aumentare la quota di capitale sottoscritta dell’Esm senza un assenso della maggioranza. Ciò può dare al Bundestag potere di veto di fatto su ogni piano di salvataggio e sulla formulazione delle condizioni da richiedere a un Paese in crisi. A maggior ragione, ciò può succedere se l’Italia o la Spagna ritirassero le loro quote dall’Esm come si prevede quando un Paese viene finanziato: a quel punto gli altri dovrebbero colmare l’ammanco.
Non è detto che andrà  così. Il tetto dei 190 miliardi per la Germania per ora tiene, perché l’Esm è strutturato in maniera solida e gli eventuali aiuti non saranno troppo onerosi: il fondo Esm rileverà  non più della metà  dei bond a lungo termine emessi da qualunque Paese in crisi, mentre è alla Bce che spetta il grosso degli interventi in acquisto dei bond fino ai tre anni di scadenza. Ma la Corte di Karlsruhe non ha cambiato la sostanza: il Bundestag aveva già  prima un potere di veto di fatto sui piani di salvataggio, con le relative condizioni, e adesso la Corte lo conferma. Gli interventi vanno decisi all’unanimità  o a maggioranza dell’80% dei voti dei Paesi dell’Esm, in entrambi i casi la Germania è determinante ma il governo di Berlino non può decidere senza il Parlamento.
Mariano Rajoy conosce bene questi vincoli, dunque prende tempo. Il premier di Madrid programma di presentare la nuova finanziaria entro il 27 settembre con nuovi sacrifici, per poi probabilmente chiedere l’intervento dell’Esm e della Bce il mese prossimo. Spera di poter presentare le prossime misure di austerità  come una scelta autonoma, non come l’imposizione dell’Europa o del Parlamento tedesco. Nel frattempo gli investitori devono aver percepito che Madrid si avvicina alla richiesta di aiuto, perché le ultime settimane hanno cambiato un po’ l’ordine gerarchico dei tassi d’interesse: a metà  giugno la Spagna era in ritardo di oltre cento punti base rispetto all’Italia sui titoli a dieci anni, ieri sera invece aveva quasi dimezzato a 56. E dopo il via libera di Karlsruhe all’Esm, gli spread di Madrid e di Dublino sono scesi, rispettivamente, il doppio e il quadruplo di quelli di Roma. Il mercato si prepara alle elezioni politiche del dopo governo tecnico e al giorno in cui la Spagna e l’Irlanda beneficeranno degli interventi della Bce e dell’Esm.
Probabile che in Italia, dopo il sì di Karlsruhe, si voglia fare di Rajoy una sorta di assaggiatore ufficiale del memorandum d’impegni e degli aiuti da concordare con il Bundestag. Tutti scruteranno il suo stato di salute (politica) dopo il grande passo. Ma i tempi dell’impero romano sono lontani.
Federico Fubini


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