LA CITTà€ SCOPRE UN’ALTRA MALA
Ma l’esecuzione mafiosa di Porta Romana, una madre ventenne con il suo bambino in braccio freddata con un colpo alla nuca insieme al compagno, probabile obiettivo della spedizione, ha qualcosa di quasi inedito, e paurosamente nuovo. È un delitto pubblico, ostentato, alle otto di sera e nel cuore della città , di fronte a capannelli agghiacciati e impotenti. Come se l’ammonimento fosse rivolto non solo al giro ristretto dei coinvolti, ma a una cerchia ben più vasta, forse all’intera città che deve sapere quanto ininfluente sia lo scorrere della sua vita al cospetto degli interessi criminali.
In questi casi all’offesa del sangue si aggiunge sempre il penoso corollario di polemiche politiche meschine e soprattutto cretine (in entrambi i sensi), che affibbiano alla maggioranza di turno la responsabilità di mali sociali ben più annosi di un mandato amministrativo, e infinitamente più radicati.
Il consolidarsi, attorno a Milano, di una cintura criminale sempre più potente e attiva è un fenomeno almeno ventennale. Che il numero degli omicidi, negli anni, non solo non sia aumentato, ma sia diminuito, è solo il probabile frutto di egemonie criminali poco contrastate, “tranquille” nell’esercizio dei propri affari. I milanesi hanno visto, anno dopo anno, ristoranti, pizzerie, locali notturni cambiare gestione con velocità sospetta, partendo dall’hinterland e arrivando in centro; e la crisi economica ha certamente accelerato questa furibonda colonizzazione commerciale da parte delle famiglie di ‘ndrangheta, tra i pochi soggetti solventi mentre gli onesti soffocano. L’omertà , le complicità , le convenienze non mancano, visto che l’unico tra gli esercenti di strada che ha denunciato i tentativi di estorsione dei clan calabresi, Loreno Tetti, ha avuto il suo camper bruciato, ed è diventato, meritatamente, un eroe civico, adottato da centinaia di studenti che fanno la fila per comperare i suoi panini.
Parallelamente a questa penetrazione strutturale di una criminalità che non è più la vecchia mala, ma è un fortissimo attore economico con un livello “legale” sempre più esteso, i consumi e i costumi della città sono mutati, come quasi ovunque, in direzione di un consumo di droga, specie di cocaina, davvero enorme e “visibile” non più solamente di notte, nella movida dei locali, ma anche in pieno giorno, nel nervosismo patologico del traffico, nell’aggressività minuta, nella fretta un tempo proverbiale e oggi sempre più incongrua dato il rallentamento delle attività commerciali e produttive. Guidatori di furgoni, idraulici, impiegati, operai che confessano di usare cocaina per tirare avanti sono materia quasi ordinaria di inchieste televisive e giornalistiche.
Il delitto di Porta Romana è un macro-fenomeno sinistro, pauroso. Farebbe un po’ meno paura se non si innestasse su una vita cittadina spesso segnata da intolleranza, frustrazione e ira: due recenti delitti, il tassista massacrato di botte per avere investito un cane, e il vigile urbano travolto e schiacciato da un giovane balordo perché osava chiedergli i documenti, non sono meno orribili, per la loro casualità e feroce idiozia, della fredda crudeltà mafiosa dell’altra sera. Se la politica locale e le istituzioni possono fare qualcosa, in questo qualcosa non è inclusa la speculazione insulsa su fenomeni sociali, e mali collettivi, che scavalcano, e di molto, le beghe del giorno dopo.
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