I custodi scrivono all’Ilva: «Basta ingerenze nel nostro lavoro»

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Hanno sentito l’Ilva annunciare iniziative sulle quali non solo non sono stati mai consultati, ma non si trovano neanche d’accordo. Come quella di bagnare con l’acqua i parchi minerali, una delle principali fonti di inquinamento, che giudicano una decisione del tutto inutile. E poi hanno visto governo e amministrazioni locali, primi fra tutti ministero dell’Ambiente e regione Puglia, concordare interventi di risanamento con l’azienda, anch’essi giudicati poco credibili, senza interpellarli. Di fatto si sono sentiti scavalcati e allora hanno reagito.
Tira una brutta aria in questi giorni a Taranto. E non solo per le polveri che continuano a fuoriuscire dalla più grande acciaieria d’Europa. Per capirlo basta leggere la lettera che i tre custodi giudiziari nominati dal gip Patrizia Todisco hanno scritto giovedì scorso indirizzandola, tra gli altri, al ministro dell’Ambiente Corrado Clini, al governatore della Puglia Nichi Vendola, alla presidente della commissione Aia Carla Sepe, al presidente dell’Ilva Bruno Ferrante e alla procura di Taranto per riaffermare il loro ruolo e invitare tutti a rispettare il proprio, evitando di assumere decisioni che non gli spettano. Una lettera dai toni garbati ma decisi in cui i custodi, gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, ricordano di essere stati nominati per garantire «la sicurezza degli impianti» e che a tale mandato intendono attenersi.
La reazione dei custodi potrà  sorprendere, ma in qualche modo era nell’aria. Nei giorni scorsi i tre tecnici hanno finito il lavoro di ricognizione all’interno dello stabilimento e in accordo con la procura ora stanno mettendo a punto gli interventi di risanamento che l’Ilva dovrà  attuare se vorrà  evitare la chiusura. Interventi pesanti, i cui costi vanno ben oltre i 146 milioni di euro annunciati dal presidente Bruno Ferrante nelle scorse settimane (e che comunque fanno parte degli investimenti relativi alla precedente Aia) per realizzare i quali serviranno, secondo alcune stime, miliardi di euro. E in cima a tutto c’è la messa in sicurezza dei parchi minerali. Per i custodi l’unico modo per ottenerla è realizzare una copertura sopra i 75 ettari di terreno lungo i quali sono ammucchiati i cumuli di materie prime. Solo così, hanno spiegato, si potrebbe evitare la dispersione di polveri dovuta soprattutto al vento. Nel frattempo hanno ordinato l’abbassamento delle colline dagli attuali 60 metri a un’altezza inferiore, fino al cosiddetto «minimo di giacenza».
Interventi sui quali per ora l’Ilva non si è espressa e sul cui finanziamento dovrà  pronunciarsi il consiglio di amministrazione. Nel frattempo però ha invece annunciato di voler procedere bagnando con l’acqua le materie prime e cospargendole con un gel in modo di impedirne la dispersione. Una procedura sul quale si è detto d’accordo anche il governatore Nichi Vendola.
Ma c’è di più. Il 5 agosto sono cominciati i lavori per la costruzione di un barrieramento, un muro di teli tra il parco minerali e il quartiere Tamburi che dovrebbe contenere le polveri. Tutti interventi – l’acqua, il gel, il barrieramento – giudicati inutili da più parti, a partire dal procuratore capo di Taranto Franco Sebastio, eppure portati avanti dall’azienda. Anzi. Le fondamenta per il muro di barrieramento sarebbero già  state fatte ma non si capisce chi avrebbe autorizzato i lavori. Non di certo i custodi, che pure sono gli unici a poterlo fare.
Da qui, oltre al fastidio per le varie ingerenze, la decisione di rimettere le cose al loro posto scrivendo una lettera a tutti i soggetti coinvolti nel risanamento dell’azienda. «Al fine di armonizzare, per quanto possibile, le varie procedure in essere» per la bonifica delle sei aree sottoposte a sequestro, scrivono i custodi, si fa presente che «le proposte formulate dalla Società  (l’Ilva, ndr)… non sono state preventivamente rese note ai custodi ed in ogni caso non sono dagli stessi condivise nel merito tecnico». Per poi concludere ricordando come «qualsiasi decisione da intraprendere», vada concordata con i custodi nominati dall’autorità  giudiziaria. A buon intenditor…


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