Usa, i dati sul lavoro gelano Obama Romney: “Una tragedia nazionale”

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CHARLOTTE — Un segreto, sia pure mantenuto tale per poche ore, ha spinto Barack Obama a cambiare il suo discorso. Il presidente era uno dei pochi a saperlo, e questo spiega i toni più negativi che ha usato giovedì sera alla Convention. Conosceva in anticipo i dati che ieri mattina sono diventati di dominio pubblico: un altro mese negativo per la disoccupazione. Obama ha voluto aggiungere quei passaggi così severi: «Non voglio illudervi che la via d’uscita sarà  breve né facile, non l’ho mai detto. Mi avete eletto per dirvi la verità  e la verità  è questa: ci vorranno anni per risolvere problemi che si erano accumulati da decenni».
Ieri mattina quelle parole sono risultate ancora più chiare, alla luce del dato sui nuovi posti di lavoro: solo 96.000 ad agosto, meno delle attese, molto meno di quanti ne sarebbero necessari per ridurre in modo significativo la disoccupazione. Non inganna il fatto che nello stesso mese sia leggermente sceso il tasso di disoccupazione ( dall’ 8,3% all’8,1%). Anzi, questo accade perché 370mila disoccupati hanno rinunciato a cercare un posto, e così facendo sono usciti — statisticamente — dalla forza lavoro. Il candidato repubblicano Mitt Romney ha immediatamente reagito: «L’ultimo dato sul mercato del lavoro è una tragedia nazionale. È la conferma che gli americani debbono cambiare presidente se vogliono uscirne».
È passato in subordine il fatto che proprio giovedì Wall Street ha cancellato quattro anni di crisi, con gli indici azionari saliti oltre i massimi del 2008. Poteva essere un traguardo simbolico e anche concreto, in un paese dove tanti piccoli risparmiatori e i fondi pensione dei lavoratori sono fortemente investiti in Borsa. Ma l’occupazione domina l’attenzione, e rischia di “bucare” la bolla di entusiasmo che si era creata alla Convention.
La situazione economica rende tanto più difficile quella nuova strategia elettorale che Obama, il suo vice Joe Biden, e prima di loro Bill Clinton, hanno delineato a Charlotte. I leader democratici hanno deciso di passare al contrattacco sul bilancio di questi quattro anni, per respingere il “processo” imbastito da Romney. «Abbiamo cominciato a riparare i danni di una crisi provocata dai miei predecessori — ha detto Obama — e siamo sulla buona strada. Ma ho davanti una sfida che ha un solo precedente, quello di Franklin Roosevelt. Come Roosevelt nella Grande Depressione, anch’io devo sperimentare, provare tante ricette».
Partendo da un paragone così drammatico, Obama rivendica i miglioramenti di questi quattro anni: dal rilancio del settore manifatturiero (auto in testa) all’energia rinnovabile, dalla riforma sanitaria al diritto allo studio, dalla riforma dell’immigrazione agli sgravi fiscali nelle buste paga dei lavoratori. E’ un aggiustamento rispetto ai mesi precedenti: la campagna era stata più negativa, aveva dato priorità  agli attacchi contro Romney. Rivendicare un bilancio positivo ha dei rischi, se il
messaggio del presidente appare distaccato dalla percezione dei cittadini sul loro tenore di vita. Di qui l’importanza del paragone con gli anni Trenta: una crisi dai tempi lunghi; ma guai se la terapia di Roosevelt fosse stata interrotta. Ha detto Obama a proposito di Romney: «L’unica cosa che ha da proporvi, sono le stesse ricette degli ultimi trent’anni, quelle che ci hanno ridotto così». Per convincere gli americani a lasciarlo «finire il lavoro», Obama ha descritto l’elezione del 6 novembre come «la scelta più netta che ci sia mai stata nella storia di una generazione», fra un’ideologia del successo per pochi, e una «idea di cittadinanza, per cui ci salviamo o perdiamo tutti insieme ».
Negli ultimi 60 giorni non gli sarà  facile invertire la percezione di massa: dove i sondaggi gli sono più sfavorevoli è proprio alla domanda se gli americani «si sentono meglio oggi ». Né Obama può aspettare soluzioni miracolose dal suo banchiere centrale. Dopo il dato sulla disoccupazione di ieri salgono le probabilità  che il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke annunci interventi straordinari in favore della crescita; ma gli effetti non saranno immediati, se non su Wall Street. Lo stesso vale per la schiarita che arriva dall’eurozona, un focolaio di crisi che ha contribuito a ridurre le chance di rielezione di Obama. L’effetto-Draghi è percepibile sui mercati finanziari; resta da vedere se è in grado di guarire quella recessione europea che ha effetti frenanti anche sull’America.


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