Maldive, frustate in paradiso Condanna per una sedicenne

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Cento frustate per una sedicenne. È questa la pena decisa da un tribunale delle Maldive per punire una ragazzina che ha confessato di aver avuto una relazione sentimentale con un uomo di 29 anni. La sentenza è stata emessa nello sperduto atollo di Raa, 200 chilometri a nord di Malè, ed è stata fortemente contestata dalle organizzazioni dei diritti umani. A denunciare la giovane, il cui nome non è stato reso noto, sono stati i genitori che hanno anche ottenuto la condanna del suo amante a dieci anni di carcere per aver avuto rapporti sessuali illegali con una minorenne. La sharia vieta alle donne relazioni amorose al di fuori del matrimonio prima della maggiore età .

Ora la ragazzina avrà  due anni di tempo per decidere se ricevere o no la punizione corporale. Ma in caso di rifiuto dovrà  passare otto mesi agli arresti domiciliari. «Nella maggior parte dei casi — ha detto un responsabile del tribunale alla France Presse sotto garanzia dell’anonimato — le colpevoli accettano i colpi di frusta come penitenza per il peccato commesso».
Nonostante l’eco internazionale l’episodio non è di certo isolato. Sono tantissime le giovani che ogni anno vengono frustate dai capivillaggio per aver infranto le regole imposte dal Corano. La pratica è stata condannata più volte dalle Nazioni Unite. Meno di un anno fa l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Navi Pillay aveva intimato al governo maldiviano di mettere fine alle punizioni corporali sulle donne. La stessa richiesta è arrivata in questi giorni anche da parte di Human Rights Watch: «Le Maldive — ha detto Aruna Kashyap, ricercatrice in Asia per l’organizzazione — dovrebbero immediatamente abolire queste leggi discriminatorie che prevedono punizioni disumane e degradanti». Secondo il Centro asiatico per i diritti umani, invece, «la sentenza è uno dei tanti modi in cui il governo cerca di ottenere l’appoggio degli islamici radicali. Nelle Maldive i tribunali non sono indipendenti ma condizionati dal potere politico».
L’episodio non fa che confermare il potere crescente delle forze più conservatrici dopo che, lo scorso febbraio, il presidente Mohamed Nasheed, il primo democraticamente eletto nel 2008, è stato costretto alle dimissioni dai militari anche a causa delle pressioni dei gruppi islamici più integralisti legati all’ex dittatore Gayoom. Per molti Nasheed, strenuo difensore della democrazia e fervente ecologista, era in fin dei conti un anti-islamico. Dopo la sua caduta i musulmani radicali hanno imposto regole sempre più rigide che prevedono, tra l’altro, mutilazioni genitali obbligatorie per le bambine. E questo non stupisce in un Paese dove è proibito praticare qualsiasi religione diversa dall’Islam. Ma non è tutto: nei giorni scorsi Amnesty International in un rapporto dal titolo L’altro lato del paradiso: crisi dei diritti umani alle Maldive ha documentato le gravi violazioni perpetrate dalla polizia dopo il colpo di Stato. Tra queste si annoverano: torture, pestaggi e detenzioni arbitrarie.
Il turismo, però, non si tocca. Così negli atolli vacanzieri gli stranieri continuano a bere alcol e prendere il sole in costumi succinti, ignari, o forse consapevolmente indifferenti, di quello che succede a pochi chilometri di distanza.
Monica Ricci Sargentini


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