Rush finale per Alcoa

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CAGLIARI. Qualcosa si muove sul fronte della vertenza Alcoa. Ma pochissimo. Il presidente della giunta regionale sarda, Ugo Cappellacci (Pdl), in un’intervista a Sky Tv ieri mattina ha detto che non tutto è perduto: «La Glencore conferma un interesse all’acquisto, a condizione che vengano definite le questioni relative al costo dell’energia, alla ottimizzazione dei processi di produzione e alle infrastrutture. Ora occorre accelerare i tempi e risolvere le problematiche che causano delle diseconomie». Non ha chiarito, Cappellacci, chi dovrà  «risolvere le diseconomie»: se gli operai, accettando piani di ridimensionamento della produzione e degli organici, oppure il governo di Mario Monti, dando una risposta almeno in parte positiva alle richieste della multinazionale svizzera che per acquistare la fabbrica sarda chiede, insieme ad una drastica riduzione del costo dell’energia e dei trasporti, anche mano libera nel ridefinire l’organizzazione del lavoro. E poi ci sono le parole del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Ieri mattina, intervenendo al programma «Telefonata» condotto da Maurizio Belpietro su Canale 5, Squinzi ha detto: «Alcoa si può salvare solo se si trovano le condizioni per fornire energia a prezzi competitivi. Volendo si può fare. La crisi di Alcoa è legata a uno dei nodi del sistema paese, che è il costo della bolletta. Se non interveniamo per rendere disponibile energia a prezzi competitivi, le industrie ad alto uso energetico in Italia sono destinate a sparire». Dichiarazioni in singolare sintonia, se ci si pensa un attimo, con quelle di Cappellacci, e che però, arrivando dal campo degli imprenditori, suonano per il governo Monti con un altro accento. Tanto più che Squinzi ne approfitta per criticare l’esecutivo tecnico, giudicato incapace di scelte strategiche: «Il problema – dice il presidente degli industriali – è avere una politica industriale chiara. E per il momento questo non sta succedendo. Oltre alle vertenze emblematiche dell’Alcoa, del CarboSulcis e dell’Ilva, ci sono migliaia di casi di piccole e medie aziende che stanno soffrendo, mediaticamente in silenzio. Sono quelle che ci preoccupano di più». Parole alle quali fanno eco quelle della segretaria della Cgil, Susanna Camusso: «Penso che non ci si possa permettere di lasciare chiudere grandi imprese come Alcoa. Quando si dice che c’è una luce in fondo al tunnel, bisognerebbe anche dire che tipo di paese ci si immagini. Un’Italia senza industria è un’Italia che non ha futuro».
Domani al ministero dello Sviluppo economico è convocato un vertice con Glencore, durante il quale gli svizzeri dovrebbero scoprire le carte. Ma ieri mattina i manager della corporation elvetica hanno fatto sapere che per definire una loro proposta di acquisto hanno bisogno ancora di tempo. I sindacati però premono perché si faccia presto.
In una riunione a Roma in Cgil con i dirigenti della Glencore, Fiom, Fim e Uilm hanno chiesto di fare chiarezza sul destino dell’impianto sardo. «Abbiamo chiesto a Glencore di dire definitivamente quali siano le sue reali intenzioni e sollecitato una manifestazione di interesse entro domani – spiegano Laura Spezia della Fiom, Marco Bentivogli della Fim e Mario Ghini della Uilm – Ci hanno risposto che dovranno fare ulteriori verifiche in Svizzera e che faranno conoscere le loro decisioni probabilmente prima della fine della settimana». I tre nodi fondamentali, hanno spiegato come in un mantra ai sindacati l’amministratore delegato della Glencore Carlo Lolli e il presidente Aristotelis Mistakidis, rimangono tre: energia, infrastrutture locali (trasporti) e ottimizzazione dell’impianto. E’ evidente, quindi, che sarà  decisivo l’orientamento del governo Monti: respingere le richieste di Glencore significherebbe, al momento, la quasi certa chiusura della fabbrica.
Intanto a Portovesme, dopo il freddo e la pioggia della notte, uno dei tre operai saliti a settanta metri su uno dei serbatoi dello stabilimento Alcoa non sta molto bene. Lo hanno detto gli stessi compagni della protesta in diretta su «Agorà », la trasmissione di Rai3 dedicata ieri alle crisi industriali. La protesta però continua: «Rimarremo sul silos fino a quando non ci saranno risposte certe sul nostro futuro». E lunedì prossimo saranno in i 450 a presidiare a Roma in via Molise la sede del ministero dello Sviluppo economico, dove si deciderà  il destino della fabbrica.


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