Interviste a pagamento ai politici la Finanza perquisisce tv e Regione

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BOLOGNA – Alle nove del mattino finanzieri in borghese e in divisa si presentano all’ufficio di presidenza e alla direzione amministrativa della Regione Emilia Romagna e, in contemporanea, in 54 tra televisioni e radio locali. Cercano e acquisiscono documentazione contabile, delibere, regolamenti. Se ne vanno dopo con le prime carte da esaminare e la prospettiva di tornare per avere integrazioni e altro materiale. L’inchiesta sui consiglieri regionali che pagavano per essere invitati a rassegne stampa e talk show – senza che spettatori e ascoltatori fossero informati della “sponsorizzazione” – comincia a marciare a pieno ritmo con un giro di acquisizioni documentali, parte degli «accertamenti doverosi» in corso, come li chiama il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovanni. E raddoppia. La procura ordinaria, aperto un fascicolo conoscitivo dopo le rivelazioni di Repubblica, adesso ipotizza il reato di peculato, per ora contro ignoti. I soldi per le “comparsate” – singole o a pacchetti scontati,, tariffa base tra i 200 e 300 euro a trasmissione – ce li hanno messi i gruppi consiliari, pescando dai finanziamenti erogati dalla stessa Regione per le attività  politiche e di mandato. Per questo si muove in parallelo anche la procura della corte dei Conti, con un’istruttoria dichiaratamente avviata sulla base di articoli e interviste, ritenuti “analitici e dettagliati” dal capo dell’ufficio, Salvatore Pilato. Il perno, nel fascicolo contabile, è il possibile danno erariale, tecnicamente addebitabile sia ai consiglieri, sia a funzionari e burocrati.

Il periodo oggetto di interesse corrisponde alla legislatura in corso, iniziata nel 2010. Ma si andrà  anche a ritroso, fino al 1998, per ricostruire scelte e delibere che hanno portato all’attuale sistema di assegnazione, distribuzione e rendicontazione dei fondi. Un altro obbiettivo investigativo è la verifica, anche fiscale, delle fatture emesse e delle “pezze d’appoggio” portate a giustificazione di uscite e rimborsi. Un altro ancora è il censimento dei consiglieri, e delle radio e delle tv, coinvolti nel sistema. Tutti gli schieramenti, eccetto Idv e gruppo misto, sono rappresentati nel campione noto. Tra i volti noti c’è quello di Giovanni Favia del Movimento Cinque Stelle, nei giorni scorsi richiamato da Beppe Grillo: «Pagare per andare in tv è come pagare per andare al proprio funerale».
Lo scandalo ha spinto ad attivarsi anche il Corecom, che però ha passato la palla all’Autorithy per le comunicazioni. L’Ordine dei giornalisti ha promosso una istruttoria conoscitiva. E per l’apertura di procedimenti disciplinari, per redattori e cronisti che non dichiaravano al pubblico le “sponsorizzazioni” e prendevano percentuali sugli incassi, si sta attivando la procura generale.


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