È guerra tra precari e laureati

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Il 2014 sarà  l’anno zero della scuola, sostiene il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. E non potrebbe essere altrimenti visto che non basterà  essere iscritti da un decennio e più ad una graduatoria ad esaurimento (Gae) per aspirare ad un posto di ruolo da insegnante. Centosessantatre mila docenti precari, decine di migliaia abilitati alle scuole d’insegnamento (Siss), dovranno sperare di superare, ogni due anni, un concorso sgomitando con i neo-laureati e coloro che avranno superato il «tirocinio formativo attivo» (Tfa). La prova generale di questa guerra senza quartiere avverrà  il prossimo 24 settembre quando sarà  bandito un concorso per 11.892 posti (i test preliminari sono previsti a ottobre, gli scritti a dicembre), oppure la prossima primavera quando sarà  bandito un altro concorso per 10 mila persone. I precari che non riusciranno a strappare un posto in questa doppia tornata resteranno in graduatoria, in attesa di una supplenza, ma senza diritto all’assunzione. Per raggiungere questa chimera dovranno sottoporsi ad un infernale gioco dell’oca in cui saranno obbligati a ripetere la stessa prova che hanno già  superato nel 1991, nel 1999, oppure con l’esame di stato conclusivo del corso abilitante delle Siss o del Tfa. Coloro che invece non ci sono mai entrati in una graduatoria, dovranno saltare un turno e attendere il concorso successivo.
Ammesso, e non concesso, che i posti messi a concorso ogni biennio saranno sempre gli stessi, per esaurire le graduatorie ci vorrà  probabilmente una generazione, o forse più, sfidando i limiti biologici degli aspiranti docenti in ruolo la cui età  media sfiora i 47 anni. Da questi calcoli vanno escluse le 21.112 stabilizzazioni autorizzate dal precedente governo (Gelmini-Tremonti) che si sono concluse il 31 agosto, una misura resa necessaria per assorbire il numero dei pensionamenti. Tutto questo avverrà  con le procedure concorsuali in vigore dal 1990, e mai più aggiornate. Allora erano riservate a «semplici laureati», oggi serviranno impropriamente a valutare abilitati iscritti alle graduatorie, quelli che non hanno potuto farlo visto che l’accesso alle Gae è precluso dal 2009, e i laureati entro l’anno accademico 2003. Quello che è certo, oggi, è che i diritti – e l’esperienza – accumulati in anni di precariato nella scuola rischiano seriamente di valere un centesimo bucato.
Dai sindacati trapelano preoccupazioni e una denuncia. Quella del segretario Flc-Cgil Domenico Pantaleo per il quale il «vero obiettivo del ministro Profumo è cancellare le graduatorie e con esse i precari che da anni garantiscono il funzioinamento delle scuole». Per la Cgil è necessario un piano pluriennale di stabilizzazioni che svuoti le graduatorie; determinare il fabbisogno di nuovi docenti in base al tempo pieno e al numero degli alunni per classe (che deve essere ridotto) e infine procedere alle nuove assunzioni. Dalla Cisl invitano il ministro ad un maggiore realismo: «Quando si affronta l’argomento del precariato – afferma Francesco Scrima – si deve andare cauti e con i piedi di piombo; la conflittualità  in atto tra docenti abilitati e laureati non abilitati che rivendicano il concorso di settembre ne è un esempio lampante». Massimo Di Menna della Uil ribadisce la necessità  di «trovare un sistema di reclutamento che faccia modo che i giovani laureati possano accedere direttamente all’insegnamento dopo il concorso».
Nel marasma sono passate quasi inosservate le dichiarazioni di Profumo sull’aumento delle tasse universitarie e, soprattutto, quelle sull’introduzione del prestito d’onore. Per quanto riguarda l’aumento delle rette, escluso dal titolare di Viale Trastevere, gli studenti del coordinamento universitario Link ribadiscono che ci sarà , e sarà  pari a 256,75 euro per i fuoricorso con un Isee inferiore ai 90 mila euro. Le tasse potrebbero passare da 1027 a 1283 euro. Gli studenti della Rete della conoscenza denunciano anche l’intenzione di Profumo di introdurre il «prestito d’onore», in anni in cui le borse di studio sono state tagliate senza pietà . Nelle intenzioni del ministro questa misura dovrebbe ispirarsi al modello asiatico, perchè quello statunitense è troppo oneroso. Il 2012 è stato infatti un anno nero per gli studenti Usa. Il loro debito ha superato per la prima volta quello delle carte di credito. Per chi, ad esempio, conosce la realtà  studentesca giapponese queste affermazioni suoneranno come l’ennesima gaffe. L’80 per cento degli studenti giapponesi laureati deve ripagare un debito medio di 8.800 euro alla Japan Student Service Organization (Jasso), un’azienda privata di riscossione che ha il compito di denunciare alle autorità  bancarie chi non ripiana il debito. Le pene previste vanno dalla chiusura dei conti correnti al blocco delle carte di credito fino all’arresto degli studenti inseriti in una «lista nera». Forse il governo Monti sta progettando un ampliamento delle competenze di Equitalia?


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