Riforme, via al «cronoprogramma»

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ROMA — Il governo stringe i tempi sull’attuazione delle riforme già  approvate, in linea con l’agenda per la crescita discussa venerdì scorso in consiglio dei ministri. «La fase della decretazione secondaria — dice a Sky Tg24 Antonio Catricalà , il sottosegretario alla Presidenza del consiglio — richiede in linea di massima un anno di tempo. Noi stiamo cercando di ridurre questo periodo a quattro mesi, vorremmo chiudere tutto entro febbraio». Una scadenza, quella di febbraio, che consentirebbe al governo di completare tutti i compiti a casa anche nell’ipotesi di un voto leggermente anticipato rispetto alla scadenza naturale, lo scenario in questo momento considerato più probabile. La task force per tradurre in pratica i provvedimenti del governo Monti «si è già  riunita», aggiunge Catricalà , che fa parte del gruppo insieme ai ministri Filippo Patroni Griffi e Piero Giarda. «E ora — avverte — cominceremo a sollecitare gli uffici tecnici».
Anche questo lavoro, in realtà , è già  partito. Lo stesso Catricalà  ha scritto a tutti i ministeri per chiedere loro un elenco preciso dei decreti attuativi e dei regolamenti di competenza con una previsione di massima dei tempi necessari per arrivare alla firma. Si tratta del primo passo per costruire quel «cronoprogramma» del quale aveva parlato pochi giorni fa lo stesso Patroni Griffi. Allo stesso tempo il sottosegretario alla Presidenza del consiglio ha scritto alle Autorità  delle comunicazioni, dell’energia e della concorrenza. E a loro ha chiesto un parere sul nuovo capitolo delle liberalizzazioni, altra azione in programma fissata nell’agenda della crescita.
Perché se alcune riforme vanno «solo» attuate ce ne sono altre che devono ancora avere il primo via libera in Consiglio dei ministri. Prime fra tutte quelle in carico al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che ieri sono arrivate sul tavolo del preconsiglio. Si tratta di un unico decreto legge che dovrebbe accorpare quattro dossier: l’agenda digitale (che prevede l’ammodernamento dei rapporti fra Stato e cittadino con l’uso delle nuove tecnologie), le start up (le aziende innovative), oltre alla nuova tranche delle semplificazioni per le imprese e le norme per attirare gli investimenti esteri. Il lavoro tecnico è più avanti sui primi due capitoli per i quali al consiglio dei ministri di venerdì prossimo ci dovrebbe essere l’esame preliminare. Mentre per il resto del pacchetto sarà  necessario aspettare ancora qualche tempo.
Il governo prova a stringere anche sul rapporto Giavazzi: il documento presentato due mesi fa dall’economista per rivedere il sistema degli incentivi alle imprese. Ieri mattina si è tenuta una riunione del gruppo di lavoro che sta lavorando al dossier, gruppo al quale partecipano la Ragioneria generale dello Stato, il ministero per lo Sviluppo economico e l’ufficio legislativo della presidenza del consiglio. Sarà  difficile rispettare la scadenza indicata prima della pausa estiva da Mario Monti, che aveva pensato di portare la questione in Consiglio dei ministri entro la metà  di settembre. Ma, per accelerare il percorso verso il traguardo finale del riordino che potrebbe portare non più di 2 miliardi di risparmi, non è ancora esclusa la possibilità  di fare ricorso ad un decreto legge. I presupposti dell’urgenza non saranno facili da dimostrare, ma servono risorse urgenti per scongiurare definitivamente l’aumento dell’Iva e per gli interventi a favore delle famiglie.


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