Bombardare i mullah è dolce. Lo spot della tv israeliana

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GERUSALEMME — Ore 2,43. Le mille luci di Tel Aviv, esterno notte. Brillano le Azrieli Towers e la sede del Mossad. In una segretissima War Room, fra bandiere e mappe che segnalano siti nucleari, tre ufficiali israeliani e tre americani si fronteggiano al tavolo delle operazioni. «Abbiamo bisogno del vostro ok per l’attacco! Ve lo prometto: in 30 minuti, da qui noi arriviamo qui!», s’agita un israeliano: «Generale Rogers! Abbiamo il diritto di difenderci!». Il generale Rogers ha il baffo marziale d’un famoso attore comico inglese, John Cleese, l’ex Monty Python. È nervoso. Scuote la testa. Finché l’occhio non gli cade su un vasetto, cioccolata alle nocciole da spalmare. L’assaggia. E col naso impataccato, s’abbandona a un entusiasmo in ebraico gergale: vai con le nocciole!… A chi lo guarda, non pare vero. Ecco il telefono rosso, parte l’ordine: attacco! Nuts, no nukes. Mentre in Iran va in onda un convegno dei Paesi non allineati che sembra un gigantesco spot sulla bontà  del nucleare — ieri s’è aperto con un appello del regime contro le sanzioni internazionali —, ecco che il Canale 10 israeliano bombarda di pubblicità  i suoi teleconsumatori, stuzzicandoli sull’ansia che più li consuma. L’ultrafobico Nanni Moretti si placava con un barattolone di nutella? Per Cleese, il senso della vita (e della paura atomica) sta in un contenitore molto più piccolo: spalmate e calmatevi. L’attore ha chiesto due cose, prima di girare lo spot: 50 mila dollari e che non uscisse dal mercato israeliano.
Una clausola inevitabile, questa, dopo quel che è capitato l’inverno scorso ai coreani della Samsung: avevano fatto gli spiritosi per promuovere in Medio Oriente un loro tablet (c’erano quattro spioni israeliani velati da donne iraniane, ritratti di Khamenei ovunque, e in un villaggio i fresconi sfioravano per sbaglio il touchscreen e facevano esplodere una base nucleare sullo sfondo…), col risultato di mettere il governo di Seul sulla lista nera degli arcinemici di Teheran.
Ridere della Bomba, come di tutti gli altri guai: in Israele si usa, e non sempre con gran gusto. Due anni fa una catena di supermarket, per promuovere «l’assassinio dei prezzi», riprodusse l’uccisione (vera) d’un leader di Hamas in un albergo di Dubai. E la Subaru, per spiegare la convenienza delle sue auto, ne ha fotografata una davanti al tipico muro d’una casa araba, con un graffito in ebraico, «il prezzo del biglietto»: lo slogan spray che lasciano i coloni estremisti, quando devastano le moschee.
Il sarcasmo un po’ macabro non scandalizza granché: altro che Monty Python, dice l’editorialista Dam Margalit, «il fatto è che sul nucleare l’opinione pubblica sta assistendo a un teatrino che sembra umorismo di nonsense». E la sensazione diffusa è che l’Occidente non voglia capire, come nello spot: «Da mesi, Teheran mente su tutto — osserva Alex Fishman, un analista militare —. Lo sanno gli americani, lo sappiamo noi. Ci sono foto satellitari, rapporti, nessuno può più credere che il pericolo non esista. Però l’Agenzia atomica internazionale fa come Cappuccetto Rosso, guarda i denti del lupo iraniano e gli dice: “Che denti grandi che hai”… Si sa com’è finita, no?». Nella casetta, dalla nonnina, la bimba s’era portata un po’ di cose buone: un vasetto di cioccolata, non risulta.


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