Weidmann attacca Draghi “Scabroso mettere tetti agli spread l’Eurotower sia più trasparente”
BERLINO — Jens Weidmann scende in campo, con tutto il peso e l’autorità di presidente della Bundesbank. Dice no all’acquisto di titoli sovrani da parte della Banca centrale europea, «perché i finanziamenti della Banca centrale assomiglierebbero a un finanziamento degli Stati stampando moneta, e renderebbero i governi tossicodipendenti, come da una droga». Rifiuta l’idea che la Eurotower fissi un tetto — confidenziale o dichiarato — allo spread o differenziale tra gli interessi dei titoli sovrani, bassi o nulli quelli dei Bund tedeschi e alti quelli italiani o spagnoli, perché è un’idea scabrosa. Lo scontro tra rigoristi e interventisti dunque sta portando sia i governi europei, sia il vertice della Banca centrale, a un passo da una spaccatura. La contestazione della strategia del presidente Bce Mario Draghi da parte di Weidmann, espressa con una lunga intervista uscita ieri sul settimanale Der Spiegel, è più aperta, precisa e dura che mai.
Il contrattacco rigorista arriva pochi giorni prima del vertice tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente del Consiglio Mario Monti, dopodomani qui a Berlino. Weidmann è intervenuto proprio mentre il cancelliere austriaco, il socialdemocratico Werner Feymann, si diceva favorevole a concedere alla Grecia più tempo per ripagare il proprio debito, «anche due o tre anni, a condizione che Atene rispetti gli impegni sulle riforme e sui tagli alla spesa concordati con l’Unione europea». E contemporaneamente il premier ellenico Antonis Samaras, rientrato in patria dopo i vertici con Merkel e Hollande a Berlino e Parigi, esprimeva la speranza che i suoi colloqui «portino almeno al risultato di calmare le acque».
Uno scontro tra Draghi e Weidmann non promette certo di calmare le acque. «Il Consiglio della Bce non è un Politburo alla sovietica, una trasparenza nel dibattito è un bene», insiste il presidente della Bundesbank. Poi difende la sua linea, con precisione e fermezza. Non è questione di egemonia del modello tedesco, egli spiega. È questione di rispettare i Trattati di Maastricht: finché non c’è l’unione politica, i Trattati impediscono che le conseguenze di una cattiva politica di Bilancio di uno Stato
siano gettate sulle spalle di altri. Ho sempre visto in modo critico gli acquisti di titoli sovrani, e non sono stato solo. In quel modo la Bce non risolve i problemi di fondo, e corre il rischio di creare problemi.
Lo statuto della Bce, egli continua, non prevede né che l’istituto fissi gli interessi dei titoli sovrani. Io voglio evitare che la politica monetaria cada sotto il dominio della politica finanziaria. E nel rispetto della democrazia, valore costitutivo dell’Europa, spetta ai Parlamenti e non alle banche centrali decidere se introdurre o no una politica di messa in comune dei debiti sovrani. Infine ma non ultimo, ammonisce Weidmann, tocca ai governi e non alle banche centrali decidere quali paesi possano far parte dell’unione monetaria, e se la Banca centrale si conferisse il dovere di garantire con ogni mezzo la permanenza di paesi nell’eurozona, potrebbe entrare in conflitto col suo compito prioritario, la difesa della stabilità dei prezzi. Il macigno è lanciato nello stagno. Tutto indica che il vertice Merkel-Monti dopodomani e poi la prossima seduta del consiglio bce il 6 settembre saranno ben altro che facili. E tra poche ore verrà il primo verdetto, dalla riapertura dei mercati.
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