Una portaerei Usa, ultimo segno di riarmo
La conferma, data dallo stesso segretario alla difesa Leon Panetta, della partenza per il Golfo, prima del previsto, della portaerei USS Stennis, ha riacceso i timori di coloro che mettono questi movimenti delle forze navali statunitensi in relazione a un attacco all’Iran. La Stennis sostituirà una delle due portaerei Usa nell’area che va dal Golfo all’Oceano indiano e che abitualmente fanno capo alla base di Juffeir, nel Bahrain. Questi avvicendamenti sono legati in apparenza alle esercitazioni navali antimine che i comandi statunitensi ritengono fondamentali per affrontare qualsiasi «crisi» nel Golfo (gli Usa nelle prossime settimane svolgeranno anche ampie manovre militari con Israele). Tra i compiti principali ndella US Navy in caso di conflitto ci sarà quello di tenere aperto lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa un quinto del petrolio mondiale trasportato via mare. E’ evidente che uno degli obiettivi iraniani, in risposta a un eventuale attacco israeliano o israelo-americano alle sue installazioni nucleari, potrebbe essere proprio quello di chiudere Hormuz e provocare una crisi petrolifera tale da infliggere una punizione durissima ai suoi avversari. Sulle capacità dell’Iran di chiudere Hormuz i pareri sono numerosi. Diversi analisti occidentali ritengono che la V Flotta americana, sostenuta da altre unità navali, riuscirebbe a tenere aperto lo stretto. Altri sostengono che Tehran è in grado di fermare, in un modo o in un altro, il passaggio delle petroliere. Gli strateghi militari iraniani in effetti sembrano puntare molto sull’attacco alle forze navali Usa nel Golfo e alle basi americane nei paesi arabi circostanti, di fronte all’impossibilità di contrastare efficacemente un attacco aereo. La Repubblica islamica in questi anni non ha potuto modernizzare molto il sistema di difesa antiaerea (i radar sono il punto debole) e non ha un’aviazione militare in grado di respingere gli aerei nemici. Per questo Tehran sta ammassando lungo la costa fino a Hormuz batterie di missili antinave e forze navali di pronto impiego – come le imbarcazioni superveloci dei Pasdaran rese celebri dalla guerra con l’Iraq negli anni ’80 – che potrebbero dare non pochi problemi alle unità statunitensi, costrette a manovrare in uno spazio ridotto. Tehran avrebbe aggiunto ai missili antinave Kowsar, Noor e Khalije Fars (copie di modelli cinesi) il supersonico Moskit (di fabbricazione russa) che gli esperti ritengono difficile da intercettare anche la più potente e moderna marina militare del mondo. Per ora è fantaguerra, in attesa del conflitto vero.
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