Fiat, soluzione Mazda per Pomigliano o Melfi
TORINO – Un aiuto dal Giappone. Un aiuto per risolvere i dilemmi che da qualche settimana attanagliano i vertici del Lingotto alle prese con il passaggio piຠdifficile della crisi: come affrontare il drammatico calo di vendite in Europa senza sacrificare altri stabilimenti italiani dopo Termini Imerese. Finora il problema è stato risolto grazie agli strumenti del tanto vituperato welfare europeo: un uso massiccio della cassa integrazione e la mobilità per i dipendenti siciliani. Ma è chiaro che questa soluzione da sola non basta. Investire ora con il mercato basso, dice Marchionne, è molto pericoloso. Bisognerebbe avere molti soldi da rischiare (come i tedeschi) o una buona dose di incoscienza. Soprattutto se si tratta di investire sui modelli che tradizionalmente sono il core business di Torino, a partire dalla Nuova Punto. L’annuncio di alcuni mesi fa del rinvio dell’investimento sull’utilitaria, indirettamente confermato dalle indiscrezioni di ieri, è la dimostrazione che a Torino ci si comporta in questo momento come il bagnante che mette il piede nell’acqua e torna sulla spiaggia temendo che sia troppo fredda.
In questo quadro di oggettiva difficoltà Marchionne deve produrre entro il 30 ottobre (data di presentazione dei risultati trimestrali) un progetto credibile per i quattro stabilimenti italiani in grado di addolcire la pillola della fine di Fabbrica Italia, il piano del 2010 ormai troppo ambizioso. In queste settimane di lavoro in America, l’ad del Lingotto starebbe studiando l’ipotesi di rendere piຠforte l’accordo annunciato il 23 maggio con i giapponesi della Mazda. Che attualmente prevede la realizzazione del nuovo Alfa Duetto nella fabbrica di Hiroshima ma che, si dice in questi giorni a Detroit, sarebbe solo l’inizio di una collaborazione piຠampia. «La Ford ha commesso un errore a rompere l’alleanza con Mazda», dicono i vertici di Auburn Hill. L’ultima auto prodotta dalla decennale joint venture è uscita dalle linee di montaggio americane due giorni fa. Con lo yen forte alla casa nipponica conviene produrre fuori dal Giappone ed è un fatto che oggi Mazda non ha una base produttiva europea a differenza degli altri costruttori del Sol levante. Produrre utilitarie negli stabilimenti italiani della Fiat potrebbe dunque essere una soluzione interessante.
L’ipotesi consentirebbe al Lingotto di ridurre in parte significativa il problema della sovra capacità produttiva installata in Italia che rispetto al piano 2010 è di un milione di vetture e che ancora oggi sarebbe molto superiore al mezzo milione. È noto che nelle settimane scorse una delegazione Mazda ha visitato Pomigliano anche se quello campano non è l’unico stabilimento candidato ad ospitare la produzione giapponese. Melfi, dove si realizza la Punto potrebbe essere un’alternativa, soprattutto se prendesse piede l’ipotesi di dividere con Mazda i costi di realizzazione dell’architettura della nuova utilitaria. La Fiat potrebbe così scambiare le conoscenze sulle tecniche giapponesi in fatto di flessibilità degli impianti produttivi, che consentirebbero già oggi di produrre modelli di architetture diverse sulla stessa linea.In caso di joint venture sulla progettazione della nuova utilitaria, si potrebbe anche ipotizzare il ventilato slittamento del lancio al 2015.
La carta giapponese non servirà da sola a risolvere tutti i problemi della Fiat ma potrebbe diventare una parte importante del nuovo piano che Marchionne sta studiando per l’Italia. Il resto dovrebbe farlo una ripresa anche non clamorosa del mercato, in particolare quello italiano che non potrà rimanere per molti anni sotto la soglia del milione e mezzo di auto vendute nell’anno.
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Il lavoro da difendere, il lavoro da cercare, il lavoro da stabilizzare, il lavoro per dare futuro e certezza a donne, uomini, giovani e non più giovani. Dovrebbe essere un concetto banale, invece soloproporre il tema come priorità è obiettivo tutt’altro che scontato. In sostanza possiamo dire che la crisi, la grande crisi del mondo, quella ignorata per tre anni dal governo appena “uscito” e sottovalutata dal duo Francia – Germania in Europa, è crisi figlia dell’aver spostato dal lavoro alla finanza, dall’eguaglianza alla diseguaglianza le finalità del “mercato”, se è questo: la scelta dovrebbe essere netta ed evidente, riportare al centro il lavoro; il lavoro produttore di ricchezza, non il denaro. All’esploderedella crisi l’invocazione diffusa era riproporre il governo politico economico del mercato, le regole.