Villette fantasma e un buco da 162 miliardi La Spagna chiude i conti con il sogno immobiliare

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MALAGA â€” La favola impossibile di Avenida de la Ilusion (il nome della strada di Benalmadena, del resto, non prometteva nulla di buono) è arrivata al capolinea. Mariano Rajoy ha ceduto alla Troika e si prepara a calare il sipario sulla Burbuja del ladrillo, la bolla del mattone che ha trascinato all’inferno tutta la Spagna. Al conto del funerale, una sobria funzione da qualche decina di miliardi di euro, penseranno i contribuenti europei e l’Fmi. Il Governo di Madrid si occuperà  della cerimonia. Prestissimo (quasi sicuramente già  domani nel consiglio dei ministri) varerà  la “banca pattumiera” in cui gli istituti iberici scaricheranno le mille vie dell’illusione spuntate come funghi a inizio millennio in tutto il Paese: un bel po’ dei 687mila appartamenti sfitti che gli sono rimasti sul groppone dopo il flop dei loro creditori e una bella fetta dei 162 miliardi di rate di mutuo non pagate. Estirpato il bubbone dai bilanci bancari, la Troika (i mercati hanno già  iniziato a festeggiare) girerà  alla Spagna l’obolo — massimo 100 miliardi — necessario a ricapitalizzare Bankia & C. Evitando il collasso del sistema finanziario nazionale ed esorcizzando, spera Rajoy, il rischio del “Rescate”, l’ignominioso (e qui temutissimo) salvataggio tutto il Paese. Avenida de la Ilusion, l’alveare di villette e residence arrampicati attorno al golf di Benalmadena, a picco sulla Costa del Sol, è il posto giusto per capire come ha fatto la Spagna a ridursi così. «Se fosse passato qui una decina di anni fa, non avrebbe visto altro che gru e strade intasate da camion carichi di ghiaia e da betoniere», ricorda con nostalgia Daniel Ibanez, barista al campo pratica del golf. Erano gli anni in cui Jose Luis Rodriquez Zapatero annunciava il sorpasso di Madrid sull’Italia e in cui il cielo sembrava essere l’unico limite per i prezzi delle case, cresciuti in Andalusia del 150% tra il 2000 e il 2008. Oggi, un lustro (pare un secolo) dopo, il mondo si è capovolto. La Spagna lotta per evitare il crac. Di gru non c’è più traccia. E l’unico segno di vita nel Residence Benalmadena sono i sei germani reali che nuotano allegri nello stagno vicino al green della buca 16 davanti a un cimitero di tapparelle abbassate. «Io mi mangio le dita — dice Brian Goldsmith, 71enne pensionato inglese stregato sei anni fa dal sole e dal caldo inverno andaluso — . Ho comprato un bilocale con garage nel 2006 per 176mila euro. Dodici mesi dopo ne chiedevano 185mila ed ero convinto di aver fatto l’affare ». Invece no. “Bilocale con garage 115mila” annuncia l’enorme affissione della CaiaSur appesa al recinto del campo. «Non poteva che finire così. Nel 2008, scoppiata la bolla dei subprime, il vento è girato e se va bene sono riusciti a vendere un appartamento su tre», scuote la testa Daniel. Le bolle, quando scoppiano, svaniscono in un momento. E anche qui a Benalmadema è stato così. I cantieri si sono bloccati in pochi mesi nel 2009. E gli operai che lavoravano in avenida de la Ilusion e dintorni, molti di loro immigrati sudamericani, hanno dato un’altra spintarella alla crisi del ladrillo. «Tutti a quei tempi eravamo diventati proprietari di casa — ricorda Manuel Jmenez, ecuadoregno che dopo il flop dell’impresa di costruzioni dove lavorava si è riciclato come “pony” — . Le banche finanziavano il 100% dell’immobile e affittare non era conveniente, si doveva lasciare un anno di deposito». Saltato il lavoro, però, sono iniziate a saltare anche le rate dei mutui. Manuel ce l’ha fatta («per un pelo! »). Molti altri no. Oggi il 9,4% dei prestiti bancari, un record storico, non viene più pagato.
E il paese più virtuoso della Ue — il bilancio di Madrid chiudeva nel 2007 con 20 miliardi di utile e un rapporto debito/Pil del 60% — è stato azzoppato
proprio dal boom che gli aveva regalato un lustro di illusioni. Il killer è la montagna di debiti privati (il 98% dell’economia nazionale) accumulati dai cittadini iberici negli anni di vacche grasse. «Oggi qui in Andalusia ci sono oltre 267mila case vuote», calcolano all’agenzia Aguirre Newman e per venderne una ci voglio in media 80,1 mesi, più di sette anni. La più grande regione iberica è diventata anche l’area a più alto tasso di disoccupazione (il 33%) d’Europa. Cajasur, all’epoca del boom il fiore all’occhiello delle casse di risparmio nazionali, è stata travolta dalle perdite e nazionalizzata dalla Banca di Spagna.
Il passato, insomma, è passato. E il futuro? Non è roseo, vaticinano come Cassandre a S&P’s: «I prezzi delle case scenderanno di un altro 25% oltre il 22% che hanno già  perso». «Il calcolo è semplice — dice l’agenzia di rating — ci sono i 670mila appartamenti invenduti. e se ne costruiscono 80mila nuovi l’anno. La domanda reale è di 300mila ogni dodici mesi». Ergo, la matematica non è un’opinione, ci vorranno altri quattro anni per smaltire la sbornia del ladrillo, malgrado l’aiutino miliardario di Bruxelles. Il calvario di Avenida de la Ilusion («direi de la disilusion», ha ancora voglia di scherzare Manuel) non è ancora finito.


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