Kofi Annan rinuncia, la parola resta alle armi

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Un annuncio amaro ma anche inevitabile, per Annan, mentre in Siria infuriano i combattimenti tra ribelli e forze governative nella seconda città  del paese, Aleppo, e notizie di scontri arrivano anche dalla capitale Damasco: qui secondo fonti dell’opposizione i governativi hanno ripreso il controllo di un quartiere periferico uccidendo almeno 35 persone disarmate.
L’ex segretario dell’Onu ha motivato la sua decisione additando l’intransigenza del governo siriano, la crescente attività  armata dei ribelli, e il mancato sostegno di un Consiglio di sicurezza diviso. «Ho accettato questo incarico, che qualcuno chiamava “missione impossibile”, perché credevo fosse un sacro dovere fare tutto ciò che era in mio potere per aiutare il popolo siriano a cercare una soluzione pacifica a questo conflitto sanguinoso», ha dichiarato Annan durante una conferenza stampa presso le Nazioni unite a Ginevra. 
La sua mediazione ha prodotto in aprile un «piano di pace» in sei punti che doveva esordire con un cessate il fuoco da entrambe le parti – governo e ribelli – per portare a una transizione pacifica dei poteri a un governo di unità  nazionale. La tregua però è durata pochissimo, gli osservatori Onu (disarmati) arrivati in Siria hanno potuto solo constatare l’escalation di violenza, e di unità  nazionale i ribelli non volevano saperne. Dice ora Annan: «Senza una seria, efficace e unita pressione internazionale, incluse le potenze della regione, è impossibile per me o per chiunque obbligare il governo siriano in primo luogo, e anche l’opposizione, ad avviare un processo politico». Ha criticato in particolare la divisione tra le potenze mondiali, che «continuano a lanciarsi accuse al Consiglio di sicurezza». Più tardi il segretario dell’Onu Ban Ki-moon ha detto che queste divisioni «sono diventate un ostacolo in sé alla diplomazia».
Le reazioni alla rinuncia di Annan sono eloquenti. La Russia si è detta dispiaciuta. La Gran Bretagna, che considerava superfluo il ruolo di «inviato di pace», dice che la sua decisione dimostra che il processo di mediazione non stava funzionando. Sulla stessa linea, la Casa Bianca afferma che il fallimento di Kofi Annan rimanda alle responsabilità  del presidente siriano Bachar al Assad, che non ha rispettato il piano di pace, e di Russia e Cina che non hanno voluto obbligarlo a rendere conto di fronte al Consiglio di sicurezza. In teoria verrà  cercato un successore a Kofi Annan, ma per ora non si fanno nomi – se mai la diplomazia tornerà  all’ordine del giorno. 
Per il momento sono le armi a parlare. Si combatte a Aleppo, dove ieri i ribelli dell’«Esercito siriano libero» hanno catturato un carrarmato dell’esercitoe lo hanno usato per cannoneggiare l’aeroporto (senza però prenderlo). Scontri continuano nel quartiere centrale di Salaheddin, che i governativi cercano di riprendere. Da mercoledì i telefonini non hanno più copertura, e molti pensano che sia il preludio alla tanto annunciata offensiva governativa per riprendere la città .


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