ELEZIONI? SàŒ, DEMOCRATICHE
Ha così stroncato il disegno e la pulsione a provocare le elezioni anticipate per conservare il «porcellum». Disegno e pulsioni di irresponsabilità inaudita date le condizioni in cui versano le istituzioni centrali del Paese, devastate dal berlusconismo e determinate in gran parte proprio da quel sistema elettorale, unico al mondo per manifesta contraddizione anche con la più rozza idea di democrazia rappresentativa. Utilizzarlo ancora comporterebbe la delegittimazione ulteriore del Parlamento e dell’intero apparato dello stato. Sia per i contenuti perversi di tale sistema, sia per la condanna, anche insincera ma irrevocabile, di tutte le forze politiche che si dimostrerebbero però incapaci di sostituirlo.
Su questo tema si scontrano duramente Pd e Pdl. Sarebbe nobile il tipo di conflitto. Se riguardasse le forme adeguate a disegnare lo strumento elettorale che possa restaurare la democrazia italiana dopo venti anni di lacerazioni e menomazioni. Ma mira ad altro.
Elude esigenze imperiose. Non affronta le cause dell’offensiva vasta, incalzante dell’antipartitismo, dell’antiparlamentarismo, dell’antipolitica. Prescinde dalla necessità di dotare il Paese degli strumenti idonei ad impegnarsi nella riscrittura dell’ordinamento europeo per conformarlo alla democrazia. Ignora la questione del recesso complessivo economico, sociale, culturale, politico dell’Italia. Come se non dipendesse dalla compressione subita dalla democrazia, dalla destrutturazione dello stato sociale, e quindi delle sue istituzioni, dei suoi strumenti. Non sa riconoscere, o non vuole, che recesso, compressione, declino derivano dalla mutazione imposta al ruolo, alla ragion d’essere delle elezioni politiche. Mutazione che contorce l’identità dello stato contemporaneo come rappresentativo, basato, come tale, sulla rappresentanza organizzata, plurale sì, perciò di ogni classe. Di quella dei lavoratori dipendenti numericamente maggioritaria, divisa per la duplice derivazione culturale ma non sugli obiettivi di medio periodo.
È questo carattere della rappresentanza che è stato sradicato e alla sua fonte. Aggredendo la funzione delle elezioni, con interventi sul sistema elettorale distorcendone gli effetti. Imponendogli quelli di amputare la rappresentanza escludendo dalla sua composizione i portatori di domande e interessi incompatibili con il sistema economico dominante. Esclusione che costituisce il terreno di cultura del populismo e delle sue varie mistificazioni. Snatura la rappresentanza mediante la trasformazione delle elezioni da strumento per costruirla in dispositivo per la scelta del governo e del suo capo, conferendogli poteri assoluti.
Insomma la governance al posto della rappresentanza. Con risultati disastrosi. Qual è l’omologazione sostanziale delle formazioni politiche che competono e, alla base della società , la convinzione che è per il potere di queste due o tre élite che si vota.
Non per permettere che ove si decide dei bisogni, delle aspettative, delle condizioni di vita degli associati, possa esserci e contare, anche se indirettamente, la proiezione, tutta intera, della pluralità degli assoggettati a quelle decisioni.
Qualche esempio di manipolazione truffaldina del voto va fatta. Quelle del «porcellum» sono note. Ma che dire dell’elevazione a chi sa quale altezza della soglia da raggiungere per garantire l’efficacia del voto espresso da minoranze di elettori, che sono e restano eguali a tutti gli altri, ma defraudati dal diritto ad essere rappresentati? Che dire del «premio», una volta di maggioranza (?) ora di governabilità , che trasforma una minoranza in maggioranza? Che dire poi dell’autentico falso ideologico, in dottrina ed in legislazione, costituito dal collegio uninominale come strumento per la scelta del candidato da votare che, certo, rende libero l’elettore di non scegliere quello proposto dal partito di riferimento ma a condizione di votare per quello … del partito opposto o … di astenersi! Che dire poi della truffa cento volte perpetrata dagli idolatri della governabilità di sostenere la magnificenza del sistema maggioritario, ad uno o a due turni, che nega il diritto ad essere rappresentato a chi non indovina quale candidato nei collegi uninominali otterrà un voto in più di ciascuno degli altri candidati che, insieme, avranno ottenuto più voti del beneficiato?
Non è per caso che la grande maggioranza dei Paesi europei abbia scelto il sistema proporzionale anche corretto, ma con onestà .
Per chiudere. Dalla Germania ci arrivano pressioni non certo gradevoli, molto discutibili. Le subiamo, sciaguratamente anche senza discuterle. Ci perviene però l’esempio di un ottimo sistema elettorale. Perché non importarlo? Ma, per favore, senza pasticciarlo, senza imporgli esecrandi connubi, senza tradirne lo spirito e l’obiettivo.
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