Il Colle in campo per l’Ilva “Garantire lavoro e salute”
TARANTO — «Sono debitore di una risposta al drammatico appello che mi avete rivolto: anche perché nel lontano 1959-60, da giovane deputato ed esponente politico meridionale, fui convinto sostenitore della necessità — per la rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno — della costruzione di un impianto siderurgico a ciclo integrale a Taranto. Nacque allora una grande realizzazione, una straordinaria esperienza di produzione e di lavoro, che non può cancellarsi, per quanto sia passata attraverso scelte discutibili e abbia conosciuto complessi problemi». Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano risponde alla lettera dei lavoratori dell’Ilva e interviene nel caso che ha trasformato Tarano in una polveriera. Sulla grande fabbrica incombe il sequestro di sei impianti vitali, individuati come la fonte di un inquinamento che provoca malattia e morte nei tarantini. Un provvedimento
clamoroso accompagnato dagli arresti domiciliari inflitti al patron Emilio Riva a suo figlio Nicola e a sei dirigenti dello stabilimento. E che ha scatenato la protesta delle tute blu che la scorsa settimana hanno paralizzato la città per 48 ore.
«Dev’essere possibile, nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura e delle sue valutazioni — continua il Presidente della Repubblica — giungere a soluzioni che garantiscano la continuità e lo sviluppo dell’attività in un settore di strategica importanza nazionale, fonte rilevantissima di occupazione in particolare per Taranto e la Puglia, e insieme procedere senza ulteriore indugio agli interventi spettanti all’impresa e alle iniziative del governo e degli enti locali che risultino indispensabili per un pieno adeguamento alle direttive europee e alle norme per la protezione dell’ambiente e la tutela della salute. Auspico che in tale direzione si operi rapidamente ed efficacemente, favorendo un clima di serena comprensione e di responsabile partecipazione sociale e civile a Taranto e in tutti i centri interessati alla scottante questione». Le parole del presidente arrivano dopo l’appello lanciato da papa Benedetto XVI che nell’Angelus di domenica si era detto vicino alle famiglie degli operai. Ieri a Taranto, però, si è vissuta una giornata durissima in cui si è consolidata la contrapposizione tra procura e azienda. Nella grande
fabbrica si sono presentati i carabinieri del Noe e i custodi nominati dal gip per dare esecuzione al sequestro degli impianti dell’area a caldo, fondamentali per il ciclo produttivo. Il blitz ha così sconfessato l’idea di un percorso alternativo ai sigilli, improntato al dialogo. E il gelo tra Procura e Ilva è stato consacrato dalle dichiarazioni di Bruno Ferrante, l’ex prefetto chiamato alla guida del colosso dell’acciaio. «Non siamo stati colti di sorpresa dall’arrivo
dei custodi anche se non ci aspettavamo questa tempistica. Questo — ha detto — non cambia la nostra voglia di lottare e difenderci. Diremo chi siamo e come abbiamo speso un miliardo di euro per la sicurezza ambientale dello stabilimento». Da oggi nuove proteste dei lavoratori. Giovedì è in programma una grande manifestazione a cui parteciperanno le famiglie delle tute
blu.
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