2011, l’anno delle armi

Loading

E’ ancora lungo e tormentato il destino dell’Arms Trade Treaty-ATT, il Trattato internazionale chiesto a gran voce da un gruppo di Nobel e dalla società  civile mondiale per dotare tutti gli Stati di uno strumento globale, a carattere universale, capace di fornire regole comuni ed elevati standard normativi sul commercio di armi.

La Conferenza Onu che si è aperta a New York i primi di luglio e si è dedicata all’argomento, vagliando diverse bozze, non è riuscita a concludere nulla: il 27 luglio il segretario generale Ban Ki-Moon ha rimandato la questione richiedendo agli Stati membri ulteriori approfondimenti.

La posta in gioco, inutile dirlo, è altissima: secondo il Sipri Yearbook 2012 (la ricerca annuale sulla spesa militare curata dall’autorevole centro di ricerca per la pace di Stoccolma) i paesi del mondo hanno speso 1.740 miliardi di dollari, nel 2011, per rifornirsi di sistemi d’arma. Secondo l’Istituto svedese si tratta della cifra più alta mai spesa dalla caduta del muro di Berlino a oggi.

“Purtroppo è l’elaborazione stessa del Trattato a essere messa in discussione, di fronte alla contrarietà  di Stati come la Cina e la Russia”, sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo. “D’altra parte le bozze in discussione, in particolare quella più rigorosa sostenuta da 73 paesi tra cui l’Italia, sono state lentamente spogliate dei passaggi più significativi, sulla base degli interessi commerciali sostenuti da alcuni Stati esportatori”.

Ad esempio gli Stati Uniti, che hanno lavorato per una versione “debole” del testo che escludesse dalle regole il commercio di munizioni. “Non si tratta di una cosa da poco”, precisa Vignarca, “Il rifornimento di munizioni può giocare un ruolo chiave nelle sorti di un conflitto. Gli Usa dicono di non poter controllare questo commercio, sia per ragioni ideologiche sia per ragioni strategiche”.

Ancora, è stato discusso di poter consentire agli Stati produttori di ignorare la questione dei diritti umani e di avere una sorta di “libertà  di coscienza” riguardo a singoli casi, a prescindere dai criteri generali del Trattato.
E l’Italia? Pur avendo sostenuto la versione di Trattato più rigorosa, alla fine anche il nostro paese ha difeso gli interessi particolari dell’industria delle armi, chiedendo che dal testo fossero escluse le armi leggere non a esclusivo uso militare. “Come se le armi leggere – ha commentato Emilio Emmolo, ricercatore di Archivio Disarmo (www.archiviodisarmo.it) – non fossero utilizzate nei conflitti. Invece è universalmente riconosciuto il loro peso soprattutto nelle guerre africane”.

Le armi leggere italiane rappresentano un giro d’affari pari a oltre 250 milioni di euro l’anno. Sono documentati trasferimenti verso paesi in conflitto e ad alto rischio di violazione dei diritti umani, come la Libia, la Bielorussia e diversi paesi arabi.

La nascita del Trattato si confronta dunque con il business, quello dei 5 maggiori esportatori mondiali, USA, Russia, Germania, Francia e UK, dove americani e sovietici coprono, da soli, il 54% dell’export planetario. E si confronta anche con il destino di intere popolazioni, considerata la particolare “clientela”, non sempre presentabile, dell’export di armamenti: India, Corea del Sud, Pakistan, Cina e Singapore sono stati i principali acquirenti negli ultimi cinque anni.

Chiediamo al Governo di dettagliare la propria posizione anche di fronte all’opinione pubblica e alla società  civile”, dichiara Vignarca. La richiesta delle realtà  che si battono per un mondo più sicuro e disarmato è quella che l’Italia si metta in prima linea per rendere il Trattato, nei prossimi passi di discussione internazionale, maggiormente dettagliato e dotato di strumenti reali di controllo”.


Related Articles

Rete Disarmo denuncia i nuovi tentativi di demolire le leggi di controllo sulle armi

Loading

  Replica di armi italiane – Foto: softairgun.it

“Ieri un altro passo verso lo smantellamento dei controlli è stato fatto in entrambi i rami del Parlamento. Al Senato, durante la discussione sulla legge di rifinanziamento delle missioni militari, si è cercato con un emendamento di far passare una modifica decisiva sulla definizione di legge di ‘arma da fuoco’. Contemporaneamente, alla Camera è stato approvato un articolo nella Legge Comunitaria che delega il Governo a riscrivere una parte della legislazione in materia di esportazione di armamenti”. Lo denuncia con un comunicato diffuso ieri, la Rete Disarmo che è allarmata “per la strategia in atto di evitare una discussione parlamentare di complessivo riordino della materia”.

Turchia, il Pkk fa strage di soldati i ribelli curdi all’attacco: 24 morti

Loading

Salta il negoziato segreto con Ocalan. Rappresaglia di Ankara in Iraq.  Il presidente Gul: “È iniziata la grande vendetta”. Decine di guerriglieri uccisi. L’attentato è il più grave messo a segno dal Partito dei lavoratori dal 1993 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment