Obama invia Geithner in Europa a sostenere “Super-Mario” Anche la Fed pronta all’azione

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NEW YORK – Il segretario al Tesoro americano si precipita in Europa domani per incontrare i protagonisti-chiave dell’ultimo tentativo di salvataggio dell’eurozona. Il viaggio-lampo apre una settimana cruciale e ne sottolinea l’importanza. La Casa Bianca si è convinta che in questi giorni può giocarsi la partita decisiva per arginare la disintegrazione dell’eurozona. Barack Obama manda il più alto esponente del suo governo dell’economia, quasi a tentare una “mediazione” discreta. L’obiettivo: evitare che una resistenza tedesca – targata Bundesbank – possa indebolire l’impegnativa promessa di Mario Draghi, quella sua frase («faremo tutto il necessario») che ha regalato due giorni di euforìa sui mercati. Subito dopo aver visto Schaeuble per assicurarsi il sostegno leale del governo tedesco, nella stessa giornata di domani Geithner vedrà  anche Draghi. Poi in rapida successione si terrano la riunione della Federal Reserve, l’incontro

Bce-Bundesbank, il board della Bce. Per finire venerdì con il dato sull’occupazione americana. La Casa Bianca è cautamente ottimista su ciò che la “sua” banca centrale farà : si aspetta dalla Fed l’annuncio di nuove azioni monetarie espansive, forse una ripresa di massicci acquisti di Treasury bond a breve termine. Perciò Obama considera essenziale che il board della Bce faccia altrettanto giovedì. Guai se la riunione di Francoforte dovesse ridimensionare le attese create dal Draghi «pronto a fare tutto il necessario », una frase poi ripetuta quasi testualmente nel comunicato congiunto Merkel-Hollande di venerdì. Il vento di ottimismo che ha soffiato per 48 ore sui mercati ha un significato preciso: il mondo intero si attende che la Bce sfoderi l’artiglieria pesante, ripristinando operazioni di acquisto di bond (italiani e spagnoli) sui mercati.
Le attese salvifiche che circondano le due banche centrali sono in netto contrasto con quel che accade nelle economie reali. La contraddizione è notevole, tra i dati pesanti che
vengono dal mondo “concreto”, e l’euforìa che ha lanciato le Borse al rialzo negli ultimi due giorni. L’economia americana cresce sempre meno: solo dell’1,5% nel trimestre aprilegiugno, contro il 2% nel primo trimestre e il 4% nel periodo ottobre- dicembre. Una frenata brutale, le cui ripercussioni colpiscono perfino un’azienda che sembrava sfidare la legge di gravità , cioè Apple. Non basta
più la creatività  della Silicon Valley per convincere i consumatori a spendere. Le famiglie americane continuano la loro operazione di “austerity privata”, cioè aumentano la percentuale del reddito che viene accantonato per risparmi. E’ la lunga e sofferta operazione di “de-leveraging” – riduzione dei debiti – che accompagna questa recessione. E’ la recessione più lunga dagli anni Trenta, è
diversa dalle altre del dopoguerra, perché fu provocata da un crac sistemico della finanza (e perciò più laboriosa da assorbire). L’economia reale nell’eurozona sta ancora peggio, e non solo nei paesi più indeboliti come la Spagna col suo 25% di disoccupazione. La settimana si è chiusa con una raffica di risultati pessimi per la grande industria francese: da Renault a Saint Gobain e Lafarge la caduta degli utili varia dal 30% al 70%.
L’azione delle banche centrali può davvero invertire questa tendenza di fondo? La Bce e la Fed sono “onnipotenti”, almeno verso i mercati, nella loro facoltà  di stampare moneta… se vengono lasciate libere di esercitarla. Per questo Geithner vuole assicurarsi che non scatti un veto tedesco contro le operazioni di Draghi a sostegno del debito italiano e spagnolo. La Federal Reserve deve a sua volta superare obiezioni di tipo politico: a 100 giorni dall’elezione presidenziale Usa la sua strategia monetaria non deve apparire come una manovra pro-Obama. Ma anche se le due banche centrali dispiegano senza remore tutta la loro potenza di fuoco, l’effetto degli
acquisti di bond rischia di rimanere limitato alla sfera della finanza. Il credito facile non si trasferisce automaticamente dalle banche alle imprese alle famiglie. In mancanza di potere d’acquisto tra i consumatori, gli investimenti produttivi non ripartono. L’ultima volta che la Bce comprò bond sui mercati, “regalò” una tregua durata tre mesi, seguita da una nuova tempesta.
Sulla sostenibilità  di lungo periodo dell’eurozona, continua a pesare una forza centrifuga: la fuga di risparmio dai Paesi del Sud verso la Germania. Lo confermano gli ultimi dati della Bce, sull’andamento delle riserve delle banche centrali nazionali. La Bundesbank ha accumulato 730 miliardi di crediti verso la Bce, mentre la Banca d’Italia si è indebitata per 275 miliardi. E’ l’effetto speculare del risparmio che viene prelevato dalle banche italiane per essere depositato in quelle tedesche: una scelta compiuta da chi continua a pensare che la tenuta dell’unione monetaria non sia affatto una certezza.


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