Utopie in Autocostruzione

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SENIGALLIA (AN) – Il Cesano è un quartiere popolare della zona nord di Senigallia. Lo si incontra percorrendo la Statale Adriatica. Per chi non ne conosce la storia, il cantiere è simile a tanti altri. Invece quei quattro piccoli edifici, ormai quasi ultimati, hanno una storia particolare.
Quando entriamo nell’area il capo cantiere ci saluta cordialmente e ci dà  un caschetto bianco. Lucio Cimarelli e Marco Gargiulo ci vengono incontro. Sono loro che ci racconteranno questa bella esperienza nell’Italia di Monti e della Fornero. Lucio è il responsabile del Consorzio di Solidarietà  di Senigallia, una delle realtà  sociali che ha reso possibile dare vita a questo percorso. «La storia inizia nel 2007 quando il ministero della Solidarietà  sociale, allora c’era il governo Prodi e ministro era Paolo Ferrero, ha fatto un bando sulle politiche di integrazione rivolto alla popolazione migrante. La Provincia di Ancona decide di partecipare e ottiene le risorse necessarie».
La relativa gara di assegnazione viene vinta dal Consorzio di Solidarietà  e dall’altro partner del progetto, il Consorzio A.B.N. di Perugia. «Il Comune di Senigallia già  da tempo aveva individuato questo terreno per un progetto di autocostruzione. Per cui dopo avere scritto il bando, i due enti locali coinvolti e i due consorzi hanno iniziato a cercare i cittadini interessati alla proposta». Il primo problema da superare è stato quello di individuare un istituto di credito disponibile a erogare i mutui. L’unica banca a rispondere affermativamente è Banca Etica. L’assegnazione prevede un 50% di cittadini comunitari e l’altra metà  extracomunitari. «Queste persone dovevano avere certi requisiti: non essere proprietari di case, avere la residenza da 10 anni in Italia o da 5 nelle Marche». Una volta individuate le persone il cantiere è partito il 20 agosto del 2011. L’obiettivo era di consegnare le case a novembre di quest’anno, ma le tappe sono state bruciate e le palazzine verranno ultimate tra agosto e settembre. A fare la differenza l’incredibile voglia di partecipazione dei protagonisti. «Nel cantiere lavora un gruppo di esperti, di tecnici che affianca la cooperativa di autocostruttori che si è formata ad hoc. Ogni giorno è all’opera una squadra di 4/5 muratori. Il tutto è coordinato dall’equipe di mediazione sociale. Si lavora dal lunedì al sabato. Ogni nucleo famigliare ha 750 ore totali a testa». In uno dei gabbiotti del cantiere il programma informatico coordina il lavoro. Ogni famiglia ha una scheda con le ore effettuate. Un esempio per tutti a conferma che ci troviamo di fronte ad un progetto dove la solidarietà  e la cooperazione sono dominanti. «Alcuni per ragioni di lavoro si sono resi conto che non ce la facevano a raggiungere il monte ore stabilito. Allora altri con più tempo a disposizione si sono offerti di coprire il loro buco». 
Mario Gargiulo, del Consorzione ABN Network Sociale di Perugia, ripercorre la storia dell’autocostruzione in Italia e sottolinea l’importanza del progetto senigalliese. «L’autocostruzione nasce tra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Non fa altro che riprendere una vecchia tradizione visto che nel nostro paese c’era da sempre la pratica di costruirsi da soli la casa nelle località  periferiche e rurali. Se il ritorno di questa tendenza inizialmente assume i caratteri di una prassi un po’ naif, con le normative sulla sicurezza e l’importanza del fattore energetico cresce la consapevolezza che questi progetti non possono essere affidati alla semplice autogestione». Aspetti decisivi dei progetti di autocostruzione sono i tempi e i costi. «Analizzando le esperienze degli ultimi venti anni possiamo verificare come i fallimenti sono dovuti proprio a questi due elementi». Già , perché se la casa deve costare un tot ed essere realizzata in una fascia precisa di tempo, non rispettare queste prerogative rischia di far andare tutto in fumo. «Siamo partiti dal presupposto che non hanno la fortuna di avere ereditato case dai genitori, lavorano ma non possono comprare casa a prezzo di mercato. Si tratta di persone che si possono accollare una rata di mutuo di 500/600 euro per circa 20/30 anni. Questi cittadini devono avere chiaro quanto costa e quanto dura una operazione del genere, e la banca gli deve cucire un vestito preciso, perché se l’importo sale improvvisamente di 10 mila euro il progetto fallisce». E l’esperienza di Senigallia ha seguito proprio questi criteri. I risultati si sono visti e le quattro palazzine sono quasi ultimate.
In ognuna ci sono tre appartamenti grandi da 116 mq, uno medio da 103 e uno piccolo da 65/68 mq. Per un totale di 20 appartamenti. Sono case costruite in muratura con il vecchio mattone di argilla cotta, non in cemento, un materiale naturale, biosostenibile, che garantisce un’efficienza energetica all’avanguardia. Il costo per l’appartamento più grande è di 138.000 euro. «Sopra di noi – indica Gargiulo – stanno costruendo case a 4.000 euro a mq. Quindi una casa come la nostra da 116 mq viene a costare più di 400.000 euro». Ecco perché non sarà  un caso se oltre ai controlli delle Asl che hanno verificato il rispetto delle norme, qualche giorno fa il cantiere è stato visitato anche dai carabinieri. «Queste case nella zona stanno facendo il prezzo e dunque è inevitabile che qualcuno vada dal costruttore e gli chieda perché gli faccia pagare tre volte il prezzo delle nostre case». Chi sono i protagonisti di questa bella storia?
Giovanni sta portando una carriola. E’ operaio metalmeccanico in una azienda di Senigallia. È sposato e ha un figlio di 8 anni. «Sto vivendo una esperienza bellissima, siamo partiti da un campo e in poco più di otto mesi le case sono in piedi». Giovanni si alza all’alba e fa il turno in fabbrica dalle 6 alle 14. Poi si toglie la tuta da metalmeccanico e indossa quello da muratore. «Certamente è dura ma so che i sacrifici verranno ripagati. Tra di noi c’è un bel clima e molta fiducia reciproca. In fabbrica ne ho parlato e sono un po’ invidiosi». Ludmilla è una simpatica signora ucraina, in Italia da 9 anni. «Ho letto di questa possibilità  su un giornaletto locale, ho vinto, insieme a mio marito e ai figli, le perplessità  ed eccomi qui». Ludmilla, come il marito, fa assistenza agli anziani. «In questi giorni mi sono laureata in infermieristica. Nelle ultime tre settimane non sono venuta perché impegnata con gli studi, ma ora lavorerò tutti i giorni». Due testimonianze che dimostrano come gli autocostruttori siano pienamente coinvolti. «C’è una bellissima coesione – conferma Gargiulo – si è creata una comunità  sociale pur tra gente molto diversa. Ci sono marocchini, ucraini, iraniani, polacchi, e gli italiani sono in maggior parte anche loro di immigrazione. Così come sono diversi i mestieri visto che sono presenti operai, artigiani, poliziotti, carabinieri. Ma ad unirli è non solo il progetto specifico ma la consapevolezza di costruire una comunità . Lavorando a fianco ci si conosce. Costruendo si costruisce socialità . Si mettono in discussione anche tutte quelle sciocchezze sulla sicurezza. La sicurezza si fa creando relazioni di fiducia, di stima reciproca, di conoscenza tra le persone. Questo sarà  un quartiere sicuro ma non perché ci metteremo un presidio di polizia, ma perché gli abitanti hanno creato delle relazioni umane. Quando facciamo le riunioni partecipano tutti i vari membri delle famiglie, mogli, figli, si sta insieme e si condivide quello che si sta facendo. Per noi progetti simili hanno l’obiettivo non di fare profitto ma di fare lavoro, cioè di portare a casa occupazione e socialità ». L’altro mondo possibile in costruzione.


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