Le Fondazioni bancarie in trincea Guzzetti: “Salvi i nostri patrimoni”

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«Non è vero che stiamo distribuendo il patrimonio in forma di erogazioni, né che scompariremo: lasceremo il patrimonio alle future generazioni continuando a salvaguardarlo, e a sostenere i territori con criteri non clientelari», ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente di Cariplo e dell’Acri, ospite in Mediobanca con le prime e seconde linee dei “fondatori”.
Mancava solo l’ente Mps, di cui si è ritenuta opportuna l’assenza per conclamata crisi; venerdì sono emerse dal bilancio 2011 perdite per 331 milioni e 3,5 miliardi di svalutazioni. A Siena dopo tanti errori il patrimonio dell’ente è davvero agli sgoccioli; e non è indizio minore che Guzzetti, andato due mesi fa a difendere i colleghi senesi nella trasmissione Report, ieri ne prendesse le distanze dal palco: «Era nello statuto interno di una delle nostre fondazioni (contrario alla legge Ciampi che impone agli enti di cedere il controllo nella banca conferitaria, ndr) la premessa rischiosissima che ha portato al suo dramma; un episodio unico, che origina da quel vizio statutario e da una realtà  non tipica delle altre 87 fondazioni », ha detto il carismatico leader degli enti ex bancari.
L’occasione, pensata e voluta da Guzzetti — anche con concitati negoziati sul cerimoniale prese direttamente venerdì 20 con i vertici di Piazzetta Cuccia — è nata per replicare allo studio di Mediobanca Securities di fine maggio, che pur rimarcando i meriti storici di supporto alle banche, criticava la governance e gli organi talora pletorici delle fondazioni, e poneva la riforma del modello originario come condizione per sopravvivere alla crisi. Andrea Filtri, l’analista che ha redatto lo studio, l’ha chiamata «la rottura del modello idilliaco e simbiotico tra dividendi delle conferitarie ed erogazioni alle comunità  territoriali». Quattro anni di crisi impongono la diversificazione: il business creditizio è ciclico e volatile (s’è visto quanto), i lauti dividendi un ricordo e «il calo della redditività  bancaria è strutturale». Pure, gli enti scrutinati nelle 154 pagine ne hanno respinto in coro: l’impostazione apodittica, alcune metodologie, il confronto con le grandi fondazioni straniere (inserite in contesti normativi e culturali ben diversi, ma che finora difendono meglio rendimenti e patrimoni) e l’esercizio iperbolico per cui, mantenendo le erogazioni del 2010 preso a riferimento, il report stimava l’estinzione dei patrimoni delle grandi fondazioni, tra il 2038 e il 2088.
Proprio ieri in una lettera a Repubblica il ministro dell’Economia Vittorio Grilli evidenziava come «una parte importante» delle risorse per ricapitalizzare le banche italiane sia arrivata dagli enti, che «hanno condotto il processo di aggregazione e ristrutturazione di buona parte del settore». Guzzetti l’ha trovata «precisa, puntuale ed esaustiva». L’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, ha cercato di far da paciere: «A noi le fondazioni sono simpatiche perché lavorano tanto e parlano poco. La crisi viene da problemi macro, e nei prossimi cinque anni le banche dovranno affrontare una serie di cure. Sarà  fondamentale avere soggetti come le fondazioni, disponibili a discutere e assecondare le strategie di ristrutturazione del sistema». Restano, impietosi, i numeri rossi sull’asse banche- fondazioni, che secondo più osservatori — anche di Mediobanca — nel 2011 e 2012 peggioreranno.


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