Una lettera irrituale che tende a scongiurare una deriva «greca»
La situazione finanziaria della Regione è, più che in bilico, alla deriva. E rappresenta uno dei dossier sui quali Palazzo Chigi sapeva di dovere intervenire. L’incontro con Raffaele Lombardo, che ha chiesto di essere ricevuto dal premier il 24 luglio prossimo, non cambierà l’atteggiamento del capo del governo. D’altronde, la prospettiva del fallimento rischia di avvicinarsi ogni giorno di più. E contraddice i tentativi di Monti di limitare la spesa pubblica, imponendo misure impopolari anche agli enti locali.
L’accusa al presidente del Consiglio di avere compiuto un attentato all’autonomia della Sicilia, riflette bene il malinteso di fondo sul quale crescono gli sprechi; e una mentalità che considera ingerenza delle autorità nazionali qualunque tentativo di riportare ordine nei bilanci. Gli applausi e le accuse arrivate dai politici dell’isola a Monti testimoniano lo scontro di interessi che domina quella realtà da anni. D’altronde, non si spiegherebbe altrimenti l’altalena di maggioranze di centrodestra o trasversali, numericamente invincibili, che si sono frantumate in pochi mesi provocando un’instabilità cronica.
Di queste maggioranze segnate dal trasformismo, Lombardo è stato a lungo il crocevia e il terminale. E il modo in cui viene difeso dalla nomenklatura locale lascia capire quanto siano profonde le incrostazioni del suo potere. Dire che è assurdo occuparsi della Sicilia mentre l’Italia sta crollando, significa perpetuare l’idea di una separatezza usata come alibi per impedire che le cose cambino. Eppure, le polemiche contro «Roma» possono avere udienza perché molti degli avversari di Lombardo non hanno grandi meriti da contrapporre.
L’ipotesi di un governo dei tecnici intenzionato a usare «gli strumenti più efficaci e adeguati» per raddrizzare le cose, a una parte della Sicilia fa paura. In un momento di crisi che offre un panorama di povertà accentuato rispetto ad altre realtà italiane, le resistenze sono istintive. Da tempo si parla di rimedi estremi come il commissariamento della Regione, di fronte a classi dirigenti che hanno chiesto aiuto allo Stato moltiplicando in parallelo le spese. Dimostrerò «la sostenibilità della finanza regionale», assicura Lombardo dopo una telefonata con Monti. Eppure la «lettera anomala» del premier, come l’hanno definita i difensori del governatore, si inserisce in pieno nell’anomalia siciliana.
Lo conferma la spaccatura tra Udc e Fli di fronte all’iniziativa del presidente del Consiglio. Il partito di Pier Ferdinando Casini gli dà ragione, ricordando col segretario regionale Gianpiero D’Alia che l’intervento montiano «può evitare il default e preservare i fondi europei di cui l’economia siciliana ha bisogno»: si teme un altro scossone dei mercati finanziari. Gli uomini del presidente della Camera, Gianfranco Fini, invece, alleati di Lombardo, parlano di «atto lesivo dell’autonomia costituzionale» dell’isola, Regione a statuto speciale. Colpisce altrettanto l’imbarazzo del Pd, ex alleato del governatore dopo il suo zigzag nel centrodestra. Difficile prevedere l’esito dello scontro con un premier teso a evitare che la Sicilia si trasformi in una sorta di «Grecia italiana».
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