Affondo dei liberali, neanche un seggio all’islamico Belhaj
Jibril, 60 anni, nato a Beni Walid – 150 km a sud-est di Tripoli – appartiene alla più influente delle oltre 150 tribù libiche, quella dei «Warfalla», che estende il suo potere a sud del Paese fino alla città di Sabha, e ad est fino a Bengasi dove l’Alleanza delle forze nazionali, così si chiama il partito di Jibril, ha fatto incetta di preferenze: quando già il 70% delle schede erano state scrutinate, i candidati individuali dei liberali avevano preso quasi 96 mila voti, contro gli appena 16 mila degli islamisti.
Evidentemente in Cirenaica molto si teme la carica nazionalista e unificatrice dei Fratelli musulmani, assolutamente contrari al federalismo, mentre a Bengasi in molti sperano nel decentramento dei poteri, soprattutto alla luce del fatto che l’80% del petrolio viene estratto nell’est del Paese. Nel distretto centrale di Tripoli, il partito di Jibril, che si avvale di un’alleanza di circa 60 partiti, ha preso 46 mila voti contro gli appena 4 mila dei Fratelli musulmani.
A Tripoli, il dato eclatante tuttavia è la mancata assegnazione di un seggio ad Abdel Hakim Belhaj, leader del partito islamico radicale Al-Watan, che correva nel distretto orientale di Suq Al-Juma, dove 125 candidati si contendevano 4 seggi.
Per quanto riguarda i candidati legati ai partiti, che dei 200 seggi ne avranno a disposizione 80, gli ultimi dati prevedono che 40 vadano ai liberali, 18 ai Fratelli musulmani, 3 al Fronte nazionale, 2 al Partito della nazione (al-Watan), 2 al Partito Union for homeland, e gli altri 15 uno per ciascuno dei restanti maggiori partiti.
I risultati definitivi non verranno comunque proclamati prima della prossima settimana. Gli islamisti, che oltre al Partito Giustizia e ricostruzione di Mohammed Sawan, contano sulle alleanze con il partito Al-Watan e con l’Union for homeland, nonostante la schiacciante vittoria del partito liberale, credono di poter ancora avvalersi di una forte rappresentanza grazie alle alleanze dell’ultima ora che saranno in grado di stringere con i candidati individuali, molti dei quali sono leader locali dall’ideologia incerta.
È bene ricordate che non si sta votando per la formazione di un parlamento ma di un’Assemblea costituente che dovrà poi nominare un nuovo primo ministro e – mediante una commissione nominata ad hoc – scrivere la nuova costituzione per traghettare il paese verso le elezioni politiche che si terranno nel 2013. Questo perché il Consiglio nazionale transitorio (Cnt), che guida la Libia dal marzo del 2011 – e che si è anche munito di una costituzione transitoria scritta il 3 agosto scorso – non è mai stato effettivamente legittimato a governare. I suoi membri sono stati ripetutamente accusati di essere troppo invischiati con il passato regime e di conseguenza non cessano i reati da parte dei cosiddetti thuwar, i circa 200 mila ex combattenti della rivoluzione sparsi per tutto il paese, che si rifiutano di consegnare le armi non riconoscendo l’autorità centrale.
Al leader liberale Jibril – che ha un master post laurea presso l’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania – una volta eletto vincitore, spetterà il compito di dirigere i lavori di ricostruzione del paese. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha appena rilasciato dati sbalorditivi sulla Libia. Se l’anno scorso, durante la rivoluzione, si è avuta una contrazione del 60%, la crescita prevista per il 2012 sarà del 116%, del 16,5% quella del 2013 e del 13,2% nel 2014. Il «rimbalzo» di quest’anno sarà dovuto ai soldi che verranno investiti nelle opere di ricostruzione. Ma l’Fmi avverte: mentre per ora la Libia è in grado di coprire gli alti tassi di interesse che deve pagare per gli investimenti, presto – e precisamente dal 2015 – questo potrebbe non essere più possibile e il paese si ritroverà in deficit. Molto conterà il prezzo del petrolio libico, che rappresenta il 90% delle entrate del paese e che non a caso è già salito dai 58 Usd del 2010 ai 91 di oggi.
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